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Recensione : The Queen Is Dead Volume 173 – Sothoris, Gjallarhorn’s Wrath,Vígljós

Puntata interamente metallica, si parte con il black\death dei polacchi Sothoris, si continua con i catalani Gjallarhorn’s Wrath e il loro black metal sinfonico, per finire a Basilea con gli apicoltori balck metal Vigljós.

Sothoris, Gjallarhorn’s Wrath,Vígljós

Puntata interamente metallica, si parte con il black\death dei polacchi Sothoris, si continua con i catalani Gjallarhorn’s Wrath e il loro black metal sinfonico, per finire a Basilea con gli apicoltori balck metal Vigljós.

SOTHORIS

“Domus Omnium Mortuorum” su Fetzner Death Records è il nuovo lavoro dei polacchi Sothoris, il terzo lavoro sulla lunga distanza nella loro discografia. Il gruppo di Miloslaw è stato fondato nel 2016 e ha un suono votato al black death metal, con influenze che partono dai Belphegor nella loro parte più black, per arrivare a cose più melodiche come i connazionali Hate o gli Arkona.

Questo loro ultimo disco ha un suono che esplora molti territori del connubio black e death metal, partendo da un immaginario molto black, passando per una struttura sonora che vede molti elementi del black che si sposano con composizioni molto vicine al death metal.

Il connubio di questi due suoni nei Sothoris si sposa molto bene con il cantato in lingua polacca, dato che il polacco e la musica oscura e veloce si sono sempre sposati molto bene. Come si vede dalla splendida copertina di Bartosz Szczepaniak & Maksymilian Krasoń, il concetto dietro a questo album parte dal monumento funebre del prussiano Karl Robert Lachmann morto nella guerra Franco-Prussiana che si svolse dal 1870 al 1871.

Tale monumento funebre è conservato in cattive condizioni nel museo di Jalowiec. Da questo punto di partenza il gruppo polacco sviluppa una storia di tombe profanate da individui senza scrupoli che aprono le ultime dimore di molti mortali, e facendo ciò scatenano qualcosa di sconosciuto e che porta molto lontano, nella casa di tutti i morti. Il suono è molto compatto e sinuoso al contempo, il loro black death metal è molto marcato e si sente il loro tocco, come quel senso di black death polacco che ci ha regalato così tante gioie con diversi gruppi negli ultimi trent’anni.

I Sothoris confezionano un disco molto oscuro, piacevole e sempre centrato, mai scontato e con ottime composizioni.

GJALLARHORN’S WRATH

Debutto discografico dei Gjallarhorn’s Wrath da Barcellona, con “The silver key” sull’olandese Non Serviam Records. C’era una volta nel sottobosco black metal della città catalana di Barcellona un gruppo molto valido chiamato Oblivion, che con il loro black metal firmarono un solo demo nel 2003, suonando con alcuni mostri sacri del genere, come i norvegesi Ancient.

Il gruppo era composto da Lord Ashier alla voce, Arash alle chitarre e Javi Iron alla batteria, Il gruppo si sciolse dopo qualche anno, i cammini dei componenti presero differenti sviluppi, ad esempio Javi Iron lavorò in campo musicale componendo musiche per film ed altre produzioni. La nera fiamma non si era però spenta, dato che pochi anni i nostri si sono incontrati nuovamente e hanno dato vita ad un nuovo gruppo, i Gjallarhorn’s Wrath, con la novità di Alex alla voce, lo spostamento di Lord Ashier al basso, e sempre Javi Iron dietro le pelli. Il risultato è un black metal sinfonico e melodico di alto livello, molto potente ed epico, con un’ottima produzione e suoni davvero belli.

“The silver key” è uno di quei dischi epici e senza pause, una battaglia continua che converge verso il cielo, il ritorno di musicisti che hanno ancora moltissimo da dire e da farci sentire. Il suono è fortemente black metal sinfonico, ma c’è molto anche del death e qualcosa del metal epico soprattutto nelle tastiere che sono usate molto bene ed in maniera mai invasiva, a differenza di molte altre produzioni black metal sinfoniche.

Inoltre la melodia è una protagonista in questo debutto, e viene sempre usata molto bene. In definitiva un debutto per un gruppo formato da musicisti esperti, che amano dare emozioni forti ai loro ascoltatori e ci riescono in pieno.

Vígljós

Secondo disco per i misteriosi svizzeri e tedeschi Vigljós, dal nome “Tome II : Ignis sacer” su Les Acteurs de L’Ombre Productions. Questi svizzeri e tedeschi fanno un black metal selvaggio che si potrebbe definire rurale e rituale, come si vede da come si presentano, mascherati con maschere uniche e contadine.

Nati nel 2022 a Basilea, il loro nome in antico norreno significa letteralmente : “luce abbastanza abbagliante da uccidere un uomo” e già da qui si può capire cosa sia questo gruppo, e la musica è ancora più spiazzante. Si parte da una forte influenza alla seconda ondata del black metal norvegese, gruppi come Darkthrone ed Immortal, per arrivare a qualcosa che è davvero difficile da definire.

I Vigljós sono uno di quei gruppi che è quello che sembra ma al contempo è totalmente altro. Partendo dalla loro immagine di saio e con del vimini in faccia come la divisa da lavoro degli apicoltori medioevali, il quartetto sembra uscito dal medioevo, da quelle campagne che sono state la spina dorsale della nostra storia europea, solo che i Vigljós rappresentano l’elemento furioso e pagano del tutto, ci riportano alle nostre vere radici attraverso un suono minimale eppure ricchissimo, chitarre, basso, mellotron e batteria, un magma sonoro che scuote l’ascoltatore nel profondo, con un cantato che è una ferita in continua suppurazione, sangue che sgorga rosso, vivo ed affamato di altro sangue.

Le tracce sono sfuriate di un black metal che sembra di riconoscerlo ma che in realtà è totalmente altro. Ci sono momenti di tale saturazione sonora che è quasi doloroso, come alcuni stacchi che sembrano quasi blues in senso black metal come in “Claviceps”, un pezzo che rappresenta molto bene cosa sia questo gruppo, un unicum nell’universo del black metal. Addirittura ci sono momenti molto vicini all’hardcore punk come in “Dellusions of grandeur”, altro pezzo maestoso. Il loro suono è in apparenza molto grezzo e diretto, eppure ha una complessità mai banale.

Come la loro immagine che non è scontata e i loro forti riferimenti all’apicoltura, tutto porta nella direzione di qualcosa di originale e mai scontato, un tassello in più che porta la nostra attenzione sulla scena black metal svizzera che vede al suo interno gruppi assai notevoli come Ungfell (forse i più notevoli del lotto), Ateiggär e Kvelgeyst. Medioevo, api, black metal grezzo e delirio.

 

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