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Recensione : Shades of Deep Water – Cold Heart

Se nella ricca discografia dei Shades of Deep Water a prevalere è sempre stato un funeral doom atmosferico e alquanto evocativo allo stesso tempo, Cold Heart si rivela invece un lavoro che spiazzerà parzialmente chi si sarebbe atteso il logico seguito allo splendido Deluge Towards Its Close ma va detto che, comunque, il buon talento musicale del musicista finlandese pone tutto ciò in secondo piano.

Shades of Deep Water – Cold Heart

A un anno esatto dall’uscita di Deluge Towards Its Close, Juho Huuskola si ripropone con il suo progetto principale Shades of Deep Water; Cold Heart è il quarto full length con questo moniker ma, rispetto ai precedenti, va notato un uno spostamento verso il death doom melodico più vicino a quanto fatto nell’unico episodio marchiato In Depths Of Winter.

Infatti, se nella comunque ricca discografia dei Shades of Deep Water (che annovera anche diverse uscite di minutaggio inferiore) a prevalere è sempre stato un funeral doom atmosferico e alquanto evocativo allo stesso tempo, Cold Heart si rivela invece un lavoro che spiazzerà parzialmente chi si sarebbe atteso il logico seguito allo splendido Deluge Towards Its Close ma va detto che, comunque, il buon talento musicale del musicista finlandese pone tutto ciò in secondo piano.

I quattro brani iniziali sono decisamente più ritmati, altrettanto efficaci nella loro buona fruibilità (specialmente la title track e Ice Damn) e si risolvono in maniera piuttosto concisa per le abitudini del sottogenere, dato che non superano quasi mai i cinque minuti di durata; le cose cambiano con le due canzoni conclusive, The Terror e The Endless, che con i loro 20 minuti complessivi coprono metà della durata dell’album.

The Terror è a mio avviso il brano più interessante del contesto perché è anche quello dai tratti più rallentati, avvicinandosi maggiormente a un’idea di funeral rispetto al resto della tracklist, mentre The Endless è un lungo strumentale prevalentemente di matrice acustica che si rivela tutt’altro che superfluo, rappresentando il degno finale di un lavoro a mio avviso molto valido ma che non raggiunge la magnificenza di Deluge Towards Its Close, semplicemente solo perché non vengono eguagliate l’intensità e la malinconica lacerazione evocate anche in buona parte delle opere passate degli Shades of Deep Water.

2024 – Autoproduzione

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