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Recensione : Scritti corsari di Pier Paolo Pasolini

“Scritti corsari” è una raccolta di articoli che Pasolini pubblicò sul Corriere della Sera, Tempo illustrato, Il Mondo, Nuova generazione e Paese Sera, tra il 1973 ed il 1975. Si tratta di una raccolta di interventi il cui tema centrale è la società italiana, i suoi mali, le sue angosce.

“Scritti corsari” è una raccolta di articoli che Pasolini pubblicò sul Corriere della Sera, Tempo illustrato, Il Mondo, Nuova generazione e Paese Sera, tra il 1973 ed il 1975. Si tratta di una raccolta di interventi il cui tema centrale è la società italiana, i suoi mali, le sue angosce. L’autore, crudo e sincero, si scontra con quel mondo di perbenismo e conformismo che è responsabile del degrado culturale della società; controcorrente, riesce a esprimere tesi politiche di grande attualità tutt’oggi.

 

Potrete leggere passaggi come questi:

 

  • L’accettazione del fascismo è stato un atroce episodio: ma l’accettazione della civiltà borghese capitalistica è un fatto definitivo, il cui cinismo non è solo una macchia, l’ennesima macchia nella storia della Chiesa, ma un errore storico che la Chiesa pagherà probabilmente con il suo declino. (…) il nuovo potere borghese infatti necessita nei consumatori di uno spirito totalmente pragmatico ed edonistico: un universo tecnicistico e puramente terreno è quello in cui può svolgersi secondo la propria natura il ciclo della produzione e del consumo. Per la religione e soprattutto per la Chiesa non c’è spazio. (1973)
  • Le strade, la motorizzazione ecc. hanno ormai strettamente unito la periferia al Centro, abolendo ogni distanza materiale. Ma la rivoluzione del sistema d’informazioni è stata ancora più radicale e decisiva. Per mezzo della televisione, il Centro ha assimilato a sé l’intero paese, che era così storicamente differenziato e ricco di culture originali. Ha cominciato un’opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità e concretezza. Ha imposto cioè – come dicevo – i suoi modelli: che sono i modelli voluti dalla nuova industrializzazione, la quale non si accontenta più di un “uomo che consuma”, ma pretende che non siano concepibili altre ideologie che quella del consumo. (1973)
  • Non c’è dubbio (lo si vede dai risultati) che la televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di informazione al mondo. Il giornale fascista e le scritte sui cascinali di slogans mussoliniani fanno ridere: come (con dolore) l’aratro rispetto a un trattore. Il fascismo, voglio ripeterlo, non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l’anima del popolo italiano: il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie, appunto, la televisione), non solo l’ha scalfita, ma l’ha lacerata, violata, bruttata per sempre… (1973)
  • (…) la verità, una volta detta, è incancellabile; e irreversibile la nuova situazione storica che ne deriva. (1974)
  • Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia. (1974)
  • La quantità delle cose che non sappiamo è immensa, praticamente illimitata. Su questa usiamo ritagliare un piccolo quantitativo di conoscenze e informazioni che crediamo la nostra cultura. (1974)
  • (…) la tolleranza del potere in campo sessuale è univoca (e quindi in sostanza più che mai repressiva): essa concede molti più diritti che in passato alla coppia eterosessuale, anche al di fuori della convenzione matrimoniale: ma, prima di tutto, tale coppia viene presentata come un modello ossessivamente obbligatorio, esattamente alla stregua, per esempio, della coppia consumatore-automobile. Non possedere un’automobile e non essere in coppia, là dove tutti “devono” avere un’automobile e “devono” essere in coppia (bifronte mostro consumistico), non può essere considerata che una grande disgrazia, una intollerabile frustrazione. Così l’amore eterosessuale – talmente consentito da diventare coatto – è divenuto una sorta di “erotomania sociale”. Inoltre tanta libertà sessuale non è stata voluta e conquistata dal basso, ma è stata, appunto, concessa dall’alto. (1974)
  • Questo nuovo fascismo, questa società dei consumi (…) ha profondamente trasformato i giovani, li ha toccati nell’intimo, ha dato loro altri sentimenti, altri modi di pensare, di vivere, altri modelli culturali. Non si tratta più, come all’epoca mussoliniana, di una irregimentazione superficiale, scenografica, ma di una irregimentazione reale che ha rubato e cambiato loro l’anima. Il che significa, in definitiva, che questa “civiltà dei consumi” è una civiltà dittatoriale. Insomma se la parola fascismo significa la prepotenza del potere, la “società dei consumi” ha bene realizzato il fascismo. (1974)
  • Le stragi (…) sono state compiute sempre dalle stesse persone. Prima hanno fatto la strage di Piazza Fontana accusando gli estremisti di sinistra, poi hanno fatto le stragi di Brescia e di Bologna accusando i fascisti e cercando di rifarsi in fretta e furia quella verginità antifascista di cui avevano bisogno (…) per continuare a gestire il potere come se nulla fosse accaduto. (1974)
  • (…) per me è importante il linguaggio del corpo e del comportamento perché è un linguaggio che equivale a un altro: anzi, spesse volte, è molto più sincero. (1974)
  • Oggi la libertà sessuale della maggioranza è in realtà una convenzione, un obbligo, un dovere sociale, un’ansia sociale, una caratteristica irrinunciabile della qualità di vita del consumatore. (1975)
  • (…) qui in Italia, miei cari, non si può fare come si è fatto in America con Nixon, cioè cacciare via chi si è reso responsabile di gravi violazioni al patto democratico: qui in Italia i potenti democristiani sono insostituibili. (1975)

 

Cos’altro aggiungere?

Ha detto Pier paolo Pasolini: “Io non ho alle mie spalle nessuna autorevolezza: se non quella che mi proviene paradossalmente dal non averla o dal non averla voluta; dall’essermi messo in condizione di non aver niente da perdere, e quindi di non esser fedele a nessun patto che non sia quello con un lettore che io del resto considero degno di ogni più scandalosa ricerca”.

 

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