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Recensione : Prus – Vostok

Un disco che prova a proporre idee e a cercare nuove vie sonore da percorrere

Il piemontese Daniele Peracchia, in arte Prus, ritorna, a cinque anni di distanza da “Antartide” con gli otto brani di Vostok. Il disco, realizzato in collaborazione con il produttore Paolo Fattorini, si fa notare fin da subito grazie all’originale intreccio sonoro generato dalla fusione di pop, elettronica e industrial.

L’incipit stralunato di Claws, deflagra in un energico fiorire di synth, ritmiche squadrate e atmosfere goticheggianti, mentre il galleggiare fantasmatico di Vostok, apre all’elettronica trascinante (giocata su due diversi timbri vocali) dell’accattivante e danzereccia Apocalittica.
Il crescere morbido di Just Like Frankenstein, guidato da voce delicata e atmosfere vagamente orchestrali/classicheggianti (virate su territori elettro/pop), introduce il basso (che quasi sembra una chitarra) della tesa e cruda Il Corpo Elettrico, lasciando che a seguire sia il distendersi pacato e mai sopra le righe della avvolgente e sognante Cosmic Quiet.
Died (I Shine My Own Light), infine, acquistando vigore nella seconda metà (atmosfere pompose e un animo lievemente barocco), cede il compito di chiudere al crescere costante e continuo della melodica e blueseggiante Over Vertebrae.

Gli otto brani di questo Vostok scorrono rapidi uno dopo l’altro, convincendo grazie alla loro forte componente melodica e all’utilizzo non regolamentare degli strumenti che in essi viene fatto (il basso suona spesso come una chitarra, gli arrangiamenti non sono mai banali, il lavoro con l’elettronica non è marginale). Un disco che prova a proporre idee e a cercare nuove vie sonore da percorrere.

TRACKLIST
01. Claws
02. Vostok
03. Apocalittica
04. Just Like Frankenstein
05. Il Corpo Elettrico
06. Cosmic Quiet
07. Died (I Shine My Own Light)
08. Over Vertebrae

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