iye-logo-light-1-250x250
Webzine dal 1999
Cerca
Close this search box.

Recensione : Hyperborean – Mythos Of The Great Pestilence

Gli Hyperborean hanno sicuramente delle buone intuizioni, e la fase centrale dell’album lo dimostra ampiamente, ma in tutta sincerità l'album soffre di troppi alti e bassi perché possa divenire un ascolto obbligato per gli appassionati.

Hyperborean – Mythos Of The Great Pestilence

Questo secondo album degli svedesi Hyperborean è una creatura difficile da decifrare al primo impatto.

Infatti, il trio scandinavo, che si autodefinisce autore di un black metal sperimentale, si presenta in effetti con due brani dai tratti piuttosto avanguardistici, di quelli, per intenderci, che sono capaci di avvincere per quei due o tre minuti ma che, alla fin fine, si rivelano inconcludenti come un centravanti talentuoso ma dribblomane e che, cosa più grave, non vede mai la porta.
Bring Forth the Dead Man è una sfuriata che pare contraddire quanto fatto fino a quel momento e, tanto per spiazzare ulteriormente l’ascoltatore, a partire dalla successiva The Slaves of This World, l’album cambia nuovamente volto assumendo quello, invero più appropriato, ricco di spunti epici e passaggi realmente avvincenti ed in linea con il contenuto lirico dei brani.
Dopo un’altra traccia piuttosto ordinaria, The New Paradigms Outcasts chiude in maniera soddisfacente l’album, anche se in realtà c’è anora spazio per la trascurabile cover di (Don’t) Fear The Reaper dei B.O.C. in qualità di bonus track.
Gli Hyperborean hanno sicuramente delle buone intuizioni, e la fase centrale dell’album lo dimostra ampiamente, ma in tutta sincerità Mythos of the Great Pestilence, nel suo insieme, soffre di troppi alti e bassi perché possa divenire un ascolto obbligato per gli appassionati.
Può anche darsi che sia io a non averne capito la vera essenza, fatto sta che, al di là di qualche brano isolato, questo lavoro mi sembra solo la discreta trasposizione su disco di fin troppe idee collocate in maniera disorganica.
Un peccato, perché gli Hyperborean dimostrano nei momenti migliori di possedere i numeri per lasciare il un segno tangibile nella scena ma, per farlo, dovrebbero concentrasi sugli aspetti più immediati e meno cervellotici del loro sound.

Tracklist:
1. Hail Dystopia
2. The Great Pestilence
3. Bring forth the Dead Man
4. The Slaves of this World
5. Änglamakerskan Hilda Nilsson
6. On the Nature of Mankind
7. Ethics of the Conqueror
8. The New Paradigms Outcasts
9. (Don’t Fear) The Reaper

Line-up:
Andreas Blomqvist – Guitars
Magnus Persson – Vocals

HYPERBOREAN – Facebook

Get The Latest Updates

Subscribe To Our Weekly Newsletter

No spam, notifications only about new products, updates.
No Comments

Post A Comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

POTREBBE INTERESSARTI ANCHE

Samsara – Charon’s Lullaby

I Samsara offrono tre quarti d’ora di death doom atmosferico di eccellente pregio; Charon’s Lullaby trova il suo fulcro in due lunghe tracce lungo le quali melodie struggenti si inseguono senza soluzione di continuità, sostenute da un comparto ritmico comunque robusto.

Arð – Untouched by Fire

Se da un lato viene meno il sempre stuzzicante effetto sorpresa, dall’altro emerge prepotentemente la soddisfazione di poter inserire nel gotha del genere un nome come quello degli Arð, con la prospettiva di poter godere anche in futuro di ulteriori lavori dalla qualità inattaccabile come Take Up My Bones e Untouched by Fire.

Oakmord – End of a Dream

End of a Dream è un veleno che entra direttamente in vena, inoculato da chi, come gli Oakmord, intende palesare all’ascoltatore che il tempo di sognare è finito, riportandolo bruscamente a una più prosaica e cupa realtà.

Acathexis – Immerse

Immerse colpisce lungo una cinquantina di minuti in cui turbina un coacervo di sensazioni la cui somma, alla fine, si sublima in un costante flusso emozionale; rispetto all’opera prima degli Acathexis si può apprezzare una maggiore propensione alla melodia, il che non significa affatto l’alleggerimento di un tessuto sonoro di rara densità emotiva.