Un disco che contiene ciò che definiamo riduttivamente musica, quella cosa che ci scatena emozioni e processi neuronali estesi e potenti, che ci farà muovere tantissimo il collo, perché “Erebos” scatena un turbinio, quelle sensazioni che davano i Neurosis e gli Isis e che forse erano andate un pò perse. Questa uscia per l’attiva etichetta svedese Black Lion Records è un prosieguo del loro cammino poetico e musicale cominciato con “Solution” del 2019 e “Circadians“ del 2022, ovvero una ricerca musicale e non solo nel campo del post metal e della musica pesante che si fa portatrice di novità sonore.
Questo disco si può intendere quasi come un pezzo unico, un viaggio all’interno degli inferi, e soprattutto uno scrutare dentro noi stessi, alla ricerca della consapevolezza, attraverso un allegorismo di matrice greca, ma che parte da molto lontano.
I Metide nelle sei tracce ci portano attraverso tantissimi luoghi, dai fiumi infernali, trasmutando letteralmente il tempo, dato che nelle tenebre la nostra concezione del tempo non esiste. Il gruppo bergamasco svolge benissimo le sue canzoni, ha una divisione quasi perfetta dei tempi, fra calma ed esplosioni, con un timbro musicale che denota grande talento e consapevolezza di cosa sono e di dove vogliono arrivare.
La registrazione di Enrico Baraldi dei Collars fotografa perfettamente la creazione musicale dei Metide e la masterizzazione di James Plotkin arricchisce ulteriormente il tutto, lui che di musica pesante e pensante se ne intende, dato che fra gli altri ha lavorato con Khanate e Isis. Nella musica dei Metide troviamo tantissime cose che si snodano attraverso un filo narrativo, dentro al quale ci sono momenti di calma e momenti di esplosioni, momenti onirici e poi lava incandescente dello Stige.
Il tutto è molto bilanciato e ti incanta, proprio come ti incantavano alcuni affreschi sonori dei Neurosis piuttosto che degli Isis, quella capacità di creare e di riempire buchi neri con musica mai convenzionale e mai scontata, che ti entra dentro e si insinua perfettamente fra cuore e cervello.
La ricerca musicale del gruppo è ampia e non è certo giunta al termine con questo bellissimo lavoro, che va ascoltato più e più volte per poter cogliere tutte le gemme che vi sono racchiuse. Come per tanti altri lavori il sud del paradiso ispira sempre grandi gruppi che sanno miscelare diversi elementi all’interno della loro opera, come l’elettronica in “Cocytus” che diventa l’ancella perfetta di pianoforte e growl, con un ritornello ossessivo, come una pena infernale che si ripete all’infinito, ed è una delle tracce più belle del disco, anche se è davvero difficile sceglierne una e infatti ascoltatelo tutto, perché è uno dei più belli dischi italiani degli ultimi tempi.
No Comments