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Recensione : Las Ratas Sicodelias 7″/los Cuchillos 7″ – 2021, Groovie Records

Las Ratas Sicodelias 7" / Los Cuchillos 7" -- Si fa presto a dire “si, sai, un po’ quella roba lì” anche se dire garage-fuzz-surf-stomp-‘60s-beat- punk-rock tutto di filato.

Las Ratas Sicodelias 7″/los Cuchillos 7″ – 2021, Groovie Records

Si fa presto a dire “si, sai, un po’ quella roba lì” anche se dire garage-fuzz-surf-stomp-‘60s-beat- punk-rock tutto di filato, come se fosse supercalifragilustichespiralidoso, non è roba da tutti, nel senso:

o ci si è dentro o non ci si è, e, se non ci sei, si fa troppo presto a dire “si, sai, un po’ quella roba lì” perché è più semplice, immediato e chiude il discorso impedendo di confrontarsi con dei dischi che, in realtà, son molto di più di quello che si crede.

“Quella roba lì”, ad ogni buon conto, in realtà secerne in sé tutti quello che più di umano ci sia in musica, tanto suona primitiva, acida, scortese e bella aspra.

Alla Groovie Records di Lisbona sanno dire, senza prendere fiato e batter ciglio, “garage-fuzz-surf-stomp-‘60s-beat- punk-rock” tutto di filato e, difatti, licenziano sola bella roba, come da definizione, farcita ed impastata nello spirito latino da Fiesta e Siesta con conseguente approccio da impenitenti Borrachos.

Si parte dai La Ratas Sicodelias, gruppo Garage Beat di origine argentina, che sgancia due belle bombe:

la prima, Malos Viajes, è un bel Beat, come da scuola Mersey, con cantato melodico corrotto da un bel Fuzz sporcaccione: aggiunge sale, pepe e peperoncino, rendendo il tutto più vero e stradaiolo.

La seconda, Felicidad, affonda le sue unghie nella psichedelia degli ultimi anni ’60, con un bel vibrato a fare da elemento centrale e che guida il tutto verso una melodia ipnotica e avvincente.

Si arriva in fondo e si rimette tutto da capo: mai stanchi, mai paghi, poiché questo è un singolo e, come da tradizione, va messo alle feste e, alle feste, bisogna proprio essere così: mai stanchi e mai paghi; balli frenetici e lentacci da rilasso…

I Los Cuchillos, invece, si buttano su un bel Surf posseduto dal demonio di Screamin’Lord Sutch:

echi di Jack lo Squartatore, vampiri, lupi mannari, delirio danzante nel fondo di un bicchiere di assenzio.

Noche de Brujas en Transilvania è un ritmo frenetico, oscuro, che spinge a muovere fianchi, gambe e anche come in un rito voodoo…

un feedback vago, poi una batteria bella decisa e poi rieccola: la chitarra Fuzz che ci riporta in un fraseggio surf da perdizione eterna; Perdedor, col suo cantato catarroso ed il suo ritornello che si manda a memoria anche se non lo si vuole, è un pezzo eccezionale.
A chiudere “Soy un Animal” (e ci mancherebbe altro…), un bel numero spaccone in puro spirito Sonics col sombrero…

Incredibile come questa musica riesca sempre, nonostante gli anni (ormai si parla di quasi 60 anni di vera fede nel verbo), a non presentare acciacchi, malanni e delusioni:

che siano insigniti quindi i Richard Berry, i Link Wray, i Thrashmen, i Kingsmen, i Wailers, i Sonics e tutti gli altri prime movers di un premio Pulitzer, di un Nobel, di un qualsiasi cosa sia in grado di certificare e testimoniare, nei secoli dei secoli, tutto il bene che, questi artisti, son stati in grado di portare a zonzo per tutto il mondo.
Nel caso porgo omaggio io per primo:
Grazie!

E voi, dite un po’, sapete dire “garage-fuzz-surf-stomp-‘60s-beat- punk-rock” tutto di filato e senza prendere fiato?

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