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Recensione : La Luz – Weirdo Shrine

Un album fresco che renderebbe estiva la più cupa delle giornate invernali e, che conferma senza particolari sussulti, quello che di buono la band americana aveva già fatto vedere con “It’s Alive”.

La Luz – Weirdo Shrine

Le statunitensi La Luz sono un quartetto femminile formatosi nel 2012 nella ridente Seattle, patria del grunge, con all’attivo un Ep che già aveva fatto intravedere ottime cose e, soprattutto, un eccellente album d’esordio, uscito su Hardly Art.

Tornano ad illuminarci a distanza di due anni dopo aver esplorato ogni angolo del globo terracqueo nel corso del loro lunghissimo tour, con  Weirdo Shrine, un disco composto da undici brani che scivolano veloci grazie all’atmosfera “Surf Noir” che da sempre caratterizza il sound della band americana.
La dormiente e ipnotica Sleep Till The Die, lascia spazio alla dirompente You Disappear che, con le sue sonorità in puro stile Beach Boys, catapulta l’ascoltatore al sole di una spiaggia californiana.
Le atmosfere ciondolanti e romantiche di Withe Davey, Don’t Wanna Be Anywhere e di I Can Speak vengono acuite dai cori sensuali e ammiccanti conditi dall’aggiunta di una tastiera retrò sixties.
Quando la pace dei sensi sembra ormai raggiunta, la strumentale e Black Lipsiana Hey Papi piomba come un fulmine a ciel sereno, supportata dalle melodie appiccicose di I Wanna Be Alone With You e dal ritmo incalzante di I’ll Be True.
I suoni prettamente Japanese Eleki di Black Hole, Weirdo Shrine e di Oranges ci proiettano direttamente ai primi anni sessanta, mentre la spensierata True Love Knows chiude un disco estivo, che più estivo non si può.

A quasi due anni dal terribile incidente che ha rischiato di spegnere La Luz, il quartetto di Seattle sembra essere tornato più euforico che mai.
Il nuovo disco delle La Luz, uscito su Hardly Art nel mese di agosto, è stato registrato in California, a San Dimas e prodotto nientemeno che dal miglior esponente della scena garage rock, Ty Segall. La mano del tuttofare californiano la si nota soprattutto nelle scelte stilistiche e tecniche, con l’introduzione del fuzz che rende il tutto più omogeneo e, in un certo senso, maturo.
Un album fresco che renderebbe estiva la più cupa delle giornate invernali e, che conferma senza particolari sussulti, quello che di buono la band americana aveva già fatto vedere con “It’s Alive”.

Tracklist:
1. Sleep Till They Die
2. You Disappear
3. With Davey
4. Don’t Wanna Be Anywhere
5. I Can’t Speak
6. Hey Papi
7. I Wanna Be Alone (With You)
8. I’ll Be True
9. Black Hole, Weirdo Shrine
10. Oranges
11. True Love Knows

Line-up:
Shana Cleveland
Marian Li Pino
Alice Sandahl
Lena Simon

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