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Recensione : La giungla di Upton Sinclair

Capolavoro del giornalismo di denuncia, “La giungla” ebbe un successo enorme e le sue rivelazioni sugli abusi nell’industria della carne suscitarono uno scandalo tale da costringere il presidente Theodore Roosevelt ad aprire un’inchiesta

La giungla di Upton Sinclair

La giungla di Upton Sinclair

Capolavoro del giornalismo di denuncia, “La giungla”, alla sua pubblicazione avvenuta nel 1906, ebbe un successo enorme e le sue rivelazioni sugli abusi nell’industria della carne suscitarono uno scandalo tale da costringere il presidente Theodore Roosevelt ad aprire un’inchiesta e indurre il Congresso a emanare una legge per la sicurezza dei prodotti alimentari; si fece poco, tuttavia, per migliorare la vita dei lavoratori, le cui disgrazie avevano ispirato Sinclair.

Potrete leggere passaggi come questi:

• Era (…) il tipo d’operaio che piace ai padroni, che rimpiangono di non poter avere più spesso: se gli si diceva d’andare in un certo posto, ci andava di corsa: se rimaneva senza nulla da fare anche solo per un momento, cominciava ad agitarsi irrequieto, incapace di star fermo per quell’eccesso d’energia che gli ribolliva dentro; e se lavorava alla catena, la catena si muoveva sempre troppo piano per lui, e finivate per notarlo immediatamente per la sua impazienza, per il suo nervosismo.

• Il vecchio aveva lavorato fin da quando era un ragazzino e a dodici anni era fuggito di casa perché il padre l’aveva picchiato, avendolo sorpreso mentre tentava di imparare a leggere.

• Nel suo paese d’origine, era praticamente impossibile occuparsi di politica: in Russia, quando si pensava al governo era negli stessi termini in cui si pensa ad una disgrazia come la grandine o come il fulmine.

• (Dell’America) Aveva sentito dire che si trattava d’un paese libero: ma che voleva dire? Anche lì, come in Russia, scoprì ben presto che c’erano i ricchi, che possedevano ogni cosa; e se uno non riusciva a trovar lavoro, la fame che gli attanagliava lo stomaco era proprio la stessa che si provava in Russia!

• (…) imparò che l’America differiva dalla Russia solo perché qui il governo esisteva in forma di democrazia; i funzionari che ne facevano parte, e che si prendevano tutte le bustarelle, andavano prima eletti, e proprio per questo esistevano due gruppi contrapposti di profittatori, chiamati partiti politici, e quello che prendeva più voti aveva il potere.

• Il problema degli operai che lavoravano nei reparti delle caldaie, pieni di vapore, con quelle grosse vasche che s’aprivano come voragini sul pavimento, era un altro: ogni tanto, qualcuno ci cadeva dentro e quando riuscivano a ripescarlo non ne rimaneva gran che da far vedere ai visitatori. Succedeva anche che ci si accorgesse solo dopo qualche giorno che uno di loro era caduto in una vasca; nel frattempo, ogni singola parte del suo corpo, ad eccezione delle ossa, era stata spedita ai quattro angoli del mondo, etichettata come “Lardo Foglia d’Oro Durham”!

• (…) spesso la carne estratta dalla salamoia risultava rancida e (…) allora la strofinavano con la soda per far andare via il puzzo, prima di distribuirla alle mense che offrivano pranzi gratuiti ai poveri.

• Non c’era posto per lui da nessuna parte e, in realtà, ovunque volgesse lo sguardo, glielo si faceva capire con durezza. Ogni edificio sembrava costruito apposta per rivelarglielo: le costruzioni dai muri possenti e dai portoni sprangati, le finestrelle delle cantine protette da grate; i grandi magazzini colmi di merci destinate al mondo intero e guardati da saracinesche di ferro e da pesanti cancelli; le banche con i loro miliardi, con le loro inimmaginabili ricchezze, sepolte nelle casseforti e nei sotterranei d’acciaio.

• (…) il capitano di polizia era proprietario di quello stesso bordello che fingeva di perquisire (…).

• Si metteva in cammino, elemosinando un lavoro qualunque, finché le forze lo sorreggevano; ma non poteva rimaner fermo e non cessava di vagabondare per la città, sempre più magro, stravolto, volgendo intorno uno sguardo irrequieto e spiritato. Ovunque andasse, da un capo all’altro della città, incontrava centinaia di disgraziati come lui; ovunque, c’era il dispiego arrogante dell’abbondanza e la mano spietata dell’autorità che li ricacciava indietro. Ci sono prigioni e prigioni; c’è quella in cui l’individuo è costretto dietro le sbarre mentre tutto ciò che desidera si trova al di là e c’è quella in cui sono proprio le cose che desidera ad essere dietro le sbarre mentre l’individuo è al di fuori.

• (…) in tutto il mondo, stavano formandosi due classi, divise tra loro da un baratro incolmabile: la classe dei capitalisti, con le loro fortune smisurate, e quella dei proletari, costretti alla schiavitù da catene invisibili. Numericamente, i primi erano un millesimo rispetto agli altri: ma questi ultimi erano ignoranti e indifesi, alla mercé dei loro sfruttatori, se non s’organizzavano, se non acquisivano una “coscienza di classe”.

• (…) non sarebbe servito a nulla, per il proletariato d’un solo paese, prendere il potere, poiché quel paese sarebbe stato subito schiacciato dalla forza militare degli altri: per questo, il movimento socialista era un movimento mondiale, l’organizzazione di tutta l’umanità per conseguire la libertà e la fratellanza. Era la nuova religione dell’umanità; o meglio: il compimento della vecchia religione, visto che non comportava nulla di più dell’applicazione alla lettera degli insegnamenti di Cristo.

• Non ho dubbi che fra cent’anni il Vaticano negherà d’essersi mai opposto al socialismo, come adesso nega d’aver mai torturato Galileo!

• Schliemann si definiva un “anarchico filosofico” e spiegò che un anarchico era una persona convinta che il fine dell’esistenza umana fosse il libero sviluppo della personalità di ciascuno, senza la costrizione di leggi che non fossero quelle personali.

Cos’altro aggiungere?

Ancora oggi, oltre un secolo dopo, il romanzo di Sinclair rimane uno dei più noti e feroci atti d’accusa contro gli orrori del capitalismo.

 

 

 

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