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Recensione : Katie Kitamura – Knock Out

Una lettura che procede spedita fino all’ultimo.

Katie Kitamura – Knock Out

Questa è la storia di un allenatore e del suo pugile: due persone legate da un rapporto profondo quasi filiale, dove il vecchio e disilluso istruttore vede nel giovane boxeur tutto quello che ha sempre cercato e soprattutto vi intravede finalmente la possibilità di creare un vero campione.

Le parole più belle sono forse quelle legate alle emozioni provate da Riley la prima volta che vede combattere Cal, come se un cono di luce illuminasse la scena e una musica apocalittica accompagnasse il suo stupore:
“Se n’era stato lì a guardare. Continuava a cercare un difetto. Si ripeteva che non sarebbe stato in grado di continuare a reggere quel livello. A essere così bravo. A essere così pieno di talento, di quel talento specifico. Riley a stento riusciva a respirare. Aveva paura di sbattere le palpebre e perdersi qualcosa. Aveva continuato a guardare e in un attimo si era quasi scordato com’era stata la sua vita prima di vederlo. Era come se quel ragazzo gli avesse spazzato via dalla memoria tutto il resto.”
E finalmente arriva il grande giorno, quello dell’incontro contro il campione imbattuto che anni prima aveva massacrato Cal, che non ne ha mai del tutto superato l’incubo e davanti al quale capisce che l’avversario è troppo forte.
I due partono per andare ad allenarsi in Messico dove è organizzato il combattimento e la tensione del viaggio si trasforma sempre di più in ansia silenziosa, dove le parole non servono perché è già tutto chiaro.
Riley capisce subito che il ragazzo non se la sente ma sa bene che ormai è tardi per tirarsi indietro, per cui l’avvicinarsi del momento diventa un incubo feroce.
Il racconto si sviluppa lungo questa linea e raggiunge il culmine con l’inizio della sfida contro Rivera dove, contrariamente ai soliti temi americani, il finale è scontato, nel senso che senza lasciare spazio a scene anni 80 dal sapore reaganiano, dove il protagonista parte sfavorito e vince nel finale (tipo Rocky tanto per capirci), Cal perde e viene massacrato dall’avversario.
Katie Kitamura, oltre a essere donna, è americana di origini giapponesi e secondo me questo lo si nota ma non tanto nello stile che, anzi, è molto veloce e molto crudo nei particolari dei combattimenti, ma proprio nella trama e nella descrizione del rapporto tra i due protagonisti. Il libro mescola da una parte immagini di violenza veloci e cruente e dall’altro il rapporto tra questi uomini che ricorda un po’ quello tra un samurai e il suo discepolo, fatto di silenzi e di gesti carichi di significato che poco hanno a che fare con il mondo dei combattimenti americano. Il risultato riesce e la lettura procede spedita fino all’ultimo.

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