Nel parlare del disco dei cubani Narbeleth, qualche giorno fa, mi ero spinto ad affermare che il black suonato dalla one man band caraibica non sembrava essere più nelle corde di gran parte delle band scandinave.
Di quella minoranza, che interpreta ancora il genere onorandone la tradizione senza che ciò appaia solo un’operazione revivalistica, troviamo gli Isvind, band dalla storia per certi versi emblematica.
Nati negli anni novanta nel pieno del fermento della scena norvegese, i nostri dettero alle stampe il loro primo e ottimo full-length, “Dark Waters Stir”, nel 1996 per poi finire in un oblio sostanzialmente durato 15 anni e interrotto dal nuovo lavoro su lunga distanza “Intet Lever”, per poi riprendere le uscite con una cadenza biennale, prima con “Daumyra” ed infine con questo Gud.
Quella che potrebbe apparire solo la reunion di musicisti volti ad accaparrarsi una delle poche fette della torta ancora disponibili, si rivela fin da subito un’operazione utile a riportare in voga in maniera appropriata quei suoni e quelle particolari scelte stilistiche da parte di chi l’epopea del genere l’ha vissuta in tempo reale.
Di fatto, gli Isvind si propongono come se i due mastermind Goblin ed Arak Drakoniiz fossero stati ibernati a fine anni ’90 per essere scongelati e rimessi in pista, senza che qualcuno si sia mai preso la briga di raccontare loro quanto è successo nel frattempo.
Il risultato è, contro ogni pronostico, davvero eccellente perché gli Isvind non “sembrano” una band novantiana ma lo sono a tutti gli effetti, pur senza possedere il pedigree e la notorietà dei nomi più famosi dell’epoca.
A meta strada tha Darkthrone ed Immortal, ma con un tratto, nei limiti, piuttosto personale, il malefico duo, oggi integrato da Skævvtroll al basso e da Slää alla batteria, spara nove brani in una quarantina di minuti che rifuggono ogni forma di evoluzione e di sperimentalismi, mettendo sul piatto solo puro e duro true black metal, di quello capace di avvincere e convincere, proprio per il suo svincolarsi dalla sensazione di stantio che accompagna puntualmente le opere di chi si limita ad una pedissequa imitazione.
L’album si snoda piacevolmente tra brani più aspri e gelidamente solenni (Spiret) ed altri che si rivelano ficcanti cavalcate black’n’roll (Daren), il tutto impreziosito dai soli elementi di modernità contemplati, ovvero la produzione e la tecnica dei musicisti, entrambe buone ed al passo con i tempi.
Questo è il black metal: se vi piace, Gud sarà un disco che troverà spesso il suo spazio nel vostro stereo; se invece lo considerate un genere minore probabilmente non sarete neppure arrivati a leggere queste righe …
Tracklist:
1. Flommen
2. Ordet
3. Himmelen
4. Dåren
5. Tronen
6. Boken
7. Giften
8. Hyrden
9. Spiret
Line-up:
Arak Draconiiz – Guitars,Vocals
Goblin – Guitars, Vocals
Skævvtroll – Bass
Slää – Drums