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Recensione : In My June – Blind Alley

In My June - Blind Alley: Debutto sulla lunga distanze per i veneti In My June. Blind Alley, uscito per Garage Records, e le sue 10 canzoni in bil...

In My June – Blind Alley

Debutto sulla lunga distanze per i veneti In My June. Blind Alley, uscito per Garage Records, e le sue 10 canzoni in bilico tra malinconia e senso di sconfitta.

Paolo e Ricky (già nella band noise Anarcotici) incontrano Laura (già violoncellista soprano con attività concertistica in Italia ed Europa) nel Novembre 2010, formando gli In My June. A distanza di un anno dalla nascita pubblicano, grazie a Garage Records, Blind Alley, debutto sulla lunga distanza.

L’apertura è affidata a Day Parade che, giocata su chitarre, violoncello e voce ruvida e sofferta (come tutte le successive canzoni), ci catapulta direttamente in ambienti sonori caldi, drammatici e malinconici. Damned, meno urgente nel suono, scorre più quieta e calma mentre Blind Alley, affondando nel buio, squarcia l’animo e appassiona con i suoi delicati ritornelli. Washing Machine dal volto scuro e inquieto, mormora pulsante nella penombra, rompendo gli indugi e lasciandosi andare (nella seconda parte). 5 O’ Clock, melodia sempre venata di nero, si concentra su una nenia ripetuta ossessivamente, lasciando poi spazio a Family Tree, canzone dal suono assolato e sporco di terra. Thirty, breve e rabbiosa, taglia l’aria come una freccia, trafiggendo, mentre Nothing Last Until ci riporta in uno stato di disteso malessere, lasciandoci in balia della malinconia. Infine, In Memory Of Grace alterna momenti soffusi e sussurrati a graffianti increspature, aprendo alla conclusiva Leave Me Alone e al suo lieve crescere, aprirsi, distendersi (un raggio di sole all’orizzonte?).

Il trio mette su disco dieci canzoni ben riconducibili allo scenario folk e caratterizzate da una strumentazione composta solamente da voce, chitarra, ukulele e violoncello. A detta della cartella stampa i riferimenti vanno da Nick Drake a Elliot Smith, da Bonnie Prince Billy a Rob Crow, secondo noi la band si avvicina molto anche a band quali Agalloch et simili (seppur in chiave decisamente più pacata e acustica).

Nel complesso il disco suona fluido e piacevole, le canzoni scorrono senza grossi intoppi, emozionano e avvolgono. Si potrebbe lamentare che esse sono ancora un po’ troppo uniformi e che non si trovano effettivi momenti di spicco, ma confidiamo in prossimi futuri miglioramenti. Convincono.

TRACKLIST:
01. Day Parade
02. Damned
03. Blind Alley
04. Washing Machine
05. 5 O’ Clock
06. Family Tree
07. Thirty
08. Nothing Last Until
09. In Memory Of Grace
10. Leave Me Alone

In My June-Blind Alley

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