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Recensione : Helios – Eingya

Helios - Eingya: Si chiama Keith Kenniff colui che si cela dietro al monicker Helios.Compagno di etichetta dell’ enfant prodige Khonnor, ...

Helios – Eingya

Si chiama Keith Kenniff colui che si cela dietro al monicker Helios.Compagno di etichetta dell’ enfant prodige Khonnor, Keith è un giovane americano poco avvezzo a suoni provenienti dalla sua terra, evoca candide e melancoliche distese di tundra, mood celesti e di stampo astratto.Se è pur vero che il trend di un certo sottobosco indie sta spingendo in questa direzione e che molti sono i parti di questo tipo venuti alla luce negli ultimi tempi, è pur vero che fortunatamente non tutte le linfe creative in proposito si siano consumate del tutto. Eingya si apre con “Bless this morning year”, brano che vale già il disco intero: un intreccio tra pianoforte e chitarra perfetto, dove trovano spazio gradualmente e con naturalezza i pattern elettronici ritmici per poi sfumare e di nuovo ricomparire tanto decisi quanto delicati.L’ albo si evolve quindi con “Halving the compass” dove si scorgono echi dei Sigur Ròs, e poi “Dragonfly Across An Ancient Sky” che nonostante la frammentarietà della melodia acquista solidità col passare dei secondi tramite una stratificazione intelligente e mai satura all’ eccesso.Si giunge qui forse all’ apice della rarefazione, con “Vargtimme” che potrebbe essere una b-side di Brian Eno, composta durante un viaggio in barca nello stretto di Bering.Si riemerge poi dall’ ambient più puro con la splendida “For years and years”, dove il tutto prende forma dall’ apparente nulla, come iniziare a scorgere in maniera definita delle strutture fisiche risalendo lentamente da sottacqua. “Coast of”f riassume nella sua essenza i vari umori presenti nel lavoro e “Paper tiger “successivamente, introduce l’ ascoltatore al primo pezzo del disco deliberatamente ritmico.La sinfonica “First Dream Called Ocean” sembra voler aprire le porte ai due momenti in pura verve Labradford ( “The ToyGarde” e “Sons Of Light And Darkness”).Conclude il tutto “Emancipation”, che morbidamente, tra sottili arpeggi di chitarra e synth di tappeto sullo sfondo sigilla la fine di questa graditissima rivelazione.A++

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