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Recensione : Grieving Age – Merely The Fleshless We And The Awed Obsequy

"Merely the Fleshless We and the Awed Obsequy" è un buon disco, da assimilare preferibilmente in piccole dosi, che si colloca però ancora qualche gradino più in basso rispetto ai vertici del genere.

Se il doom proveniente dai paesi arabi non è più una novità assoluta, e ne è testimonianza la vivace scena giordana della quale abbiamo già parlato grazie agli ottimi lavori di Bilocate, Chalice Of Doom e Falling Leaves, desta comunque una certa curiosità incontrare questa band proveniente dall’Arabia Saudita, nazione nella quale, teoricamente, suonare metal dovrebbe essere ancora più difficile.
Indipendentemente da queste considerazioni socio-geografiche, il secondo full-length dei Grieving Age, attivi da quasi un decennio, racchiude diversi motivi di interesse che, nel bene e nel male, dovrebbero contribuire a non farlo passare inosservato.
Intanto questi cinque figuri provenienti da Jeddah propongono un death-doom dalle minime concessioni melodiche, manifestando un certa verbosità a livello lirico, dato che il buon Ahmed Shawli trascorre circa un’ora e tre quarti (!) a sgolarsi quasi ininterrottamente recitando testi che, a giudicare dai titoli dei brani, dalla lunghezza degna dei famigerati Bal-Sagoth, non dovrebbero essere troppo convenzionali.
Al riguardo, essendomi avvalso anche del supporto di persone che conoscono anche le pieghe più recondite della lingua inglese, pare che i nostri si siano concessi qualche licenza di troppo facendo storcere il naso a chi ritiene che le liriche abbiano il loro giusto peso nel complesso di un‘opera musicale ma, visto il genere proposto e le modalità di espressione scelte, personalmente ritengo questo un difetto sul quale si può tranquillamente sorvolare, pur tenendone debitamente conto in sede di valutazione finale.
Tornando all’aspetto prettamente musicale, i Grieving Age ci sottopongono ad un’estenuante prova di resistenza, visto che i cinque brani viaggiano su una lunghezza media superiore ai venti minuti ciascuno, lasciando ben poco spazio a momenti di ampio respiro: il sound degli arabi è claustrofobico, asfissiante, riconducibile in parte, per la pesantezza dei riff e per lo stile vocale, ai seminali Cathedral di “Forest Of Equlibrium” complemente privati però, da qualsiasi componente melodica o psichedelica.
Chiariamo subito che i vertici toccati dal quel capolavoro sono ancora molto lontani e che i nostri mettono in scena un disco decisamente intrigante ma oggettivamente ridondante nella sua eccessiva durata, se è vero che persino mostri sacri come gli Esoteric (altro punto di riferimento per i Grieving Age e non è un caso se Greg Chandler ha messo lo zampino in questo disco) rischiano di mettere a dura prova l’attenzione degli appassionati con i loro consueti lavori dalla lunghezza chilometrica .
Diciamo che tra i cinque monoliti sonori proposti dai ragazzi sauditi, i primi due si rivelano emblematici mostrandone rispettivamente il volto peggiore e quello migliore: Merely the Ululating Scurrilous Warblers Shalt Interminably Bray!! si trascina pesantemente per quasi venti minuti riproponendo all’infinito gli stessi accordi, mentre O, Elegiac Purulent Purtenance, O Sepulchral Longevous Billows si dimostra molto più strutturato, con diverse variazioni di tempo, qualche accenno melodico e dei riff davvero coinvolgenti che mostrano capacità di scrittura tutt’altro che banali, oltre che, nell’occasione, non poche affinità con una band ingiustamente sottovalutata come i Mythological Cold Towers, in particolare quelli del rozzo ma ugualmente magnifico “The Vanished Pantheon” .
Proprio questo pregevole quarto d’ora di death-doom sofferto, ma capace di avvolgere l’ascoltatore in un cappa di oscurità senza rischiare nel contempo di consegnarlo definitivamente alle braccia di Morfeo, è la strada che i Grieving Age dovrebbero provare a battere in un prossimo futuro per non rischiare di essere presi in considerazione solo per la loro provenienza esotica.
Insomma, Merely the Fleshless We and the Awed Obsequy è un buon disco, da assimilare preferibilmente in piccole dosi, che si colloca però ancora qualche gradino più in basso rispetto ai vertici del genere; se la band saudita riuscirà a razionalizzare maggiormente la propria proposta (oltre a dare un’auspicabile sforbiciata ai titoli dei brani …) focalizzandosi sulle non poche note positive emerse in quest’occasione, al prossimo giro potrebbe piacevolmente sorprenderci.

 

Tracklist:
Disc 1
1. Merely the Ululating Scurrilous Warblers Shalt Interminably Bray!!
2. O, Elegiac Purulent Purtenance, O Sepulchral Longevous Billows
3. Till the Forlorn Opprobrious Malady Thrives Amongst the Stridulous Indigents We!

Disc 2
1. At the Licentious Abortionist’s Abattoir, Thine Disinherited Gravid Worms Adjure Excruciatingly
2. I’m the Dilacerated Sewed Flesh ! I’m the Sculpturesque Doomed Soliloquy!

 

Line-up :
Hosam Tammar Bass
Ahmed Shawli Vocals
Abdullah Sabab Keyboards, Guitars
Ghassan Fudail Guitars
Emad Mujalled Drums

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