Come recita anche la copertina del disco, terzo lavoro in carriera per gli americani Girls (alias Christopher Owens e soci) dopo l’esordio “Album” di tre anni fa e l’EP “Broken Dreams Club”. Come già ci ha abituati in passato, anche questa volta l’artista americano introduce senza indugi all’interno della sua complessa mentalità e sfera emotiva, senza perdere mai una ormai caratteristica onestà e schiettezza.
In “Father, Son, Holy Ghost” si ritrova quanto di buono c’era già nei lavori precedenti: dalle atmosfere romantiche sempre sul filo della malinconia (enfatizzate dal particolare timbro di voce di Owens), passando per le melodie a tratti soul a tratti sixties, fino al parco strumentale ricco e stratificato. Forse più che in altre occasioni, in questo disco Owens non si fa scrupolo di rallentare il ritmo il più possibile, confezionando una serie di tracce lente e sentimentali, che possono anche correre il rischio di risultare indigeste.
Subito all’inizio dell’ascolto una doppietta esplosiva con “Honey Bunny”, dalle catchy atmosfere sul rock andante, e “Alex”, indubbiamente tra le cose migliori del disco, ballata malinconica che ricorda i momenti più romantici dell’esordio degli Yuck. Tra atmosfere agitate (“Die”), insipidamente tranquille (“Saying I Love You”) e commoventi fino alle lacrime (“My Ma”) si arriva al primo giro di boa del disco, “Vomit”, traccia triste e logorroica ma irrimediabilmente magnetica e affascinante. Da qui in poi un lieve calo nell’interesse che influisce negativamente sulla godibilità del disco ma che comunque raggiunge picchi piuttosto alti: la schiettezza drammatica di “Just A Song” contrapposta alla levità spensierata di “Magic”, i sette intensissimi minuti di “Forgiveness” e dunque il finale con la ballata d’altri tempi “Love Like A River” e le struggenti sonorità di “Jamie Marie”, impreziosita da un cambio di ritmo nel finale.
Sebbene la valutazione generale del disco sia indubbiamente positiva, l’LP accusa un po’ di stanchezza d’ascolto, soprattutto se non si è almeno un minimo bendisposti verso le sonorità tipiche del gruppo. “Father, Son, Holy Ghost” non può dunque, per sua natura, piacere a tutti e può risultare logorroico e noioso anche per i fan più affezionati (con i suoi intro e spaccati strumentali a volte infiniti) ma, insieme a “Parallax” del collega Bradford Cox, segna uno dei momenti lirici più sinceri e intensi dell’anno.
01 Honey Bunny
02 Alex
03 Die
04 Saying I Love You
05 My Ma
06 Vomit
07 Just A Song
08 Magic
09 Forgiveness
10 Love Like A River
11 Jamie Marie
Voto: 8+