Funny Dunny – The Waiting Grounds

Funny Dunny - The Waiting Grounds: Se c'è una cosa che non si dovrebbe mai fare prima di parlare di un disco è quella di aver letto ciò che ne hanno scritt...

Funny Dunny – The Waiting Grounds

Se c’è una cosa che non si dovrebbe mai fare prima di parlare di un disco è quella di aver letto ciò che ne hanno scritto altri, e se poi questi altri corrispondono al nome dell’ottimo Manuel Giatiani di Rumore, certe intuizioni che si volevano far proprie vengono subito a decadere.

Mettiamola così, anch’io come il suddetto avrei voluto introdurre la mia recensione descrivrendo questo quintetto dalla foto che campeggia sulla copertina dell’album perchè, in questo caso più che in altri, dai visi, dall’abbigliamento e dalla strafottenza di chi vi compare si può capire cosa si andrà ad ascoltare poggiando la puntina sui solchi di questo “The Waiting Grounds”.
Pazienza, che ci volete fare mi toccherà parlare “solo” di musica, che poi è quello che dovrei fare, ma, chi mi legge lo sa, a me un po’ di sana coloritura alle mie righe piace proprio darla e vabbè sarà per la prossima volta.
Ah già, dovevo parlare di musica, e, nel caso dei Funny Dunny, si può tranquillamente dire: e che musica!
Dieci pezzi di grande garage punk’n’roll che riconciliano con l’esistenza e, a chi mi obbietterà che non sono nulla di innovativo, risponderò con una sentita e sonora pernacchia.
Segnalo, giusto per dovere di cronaca, due pezzi per facciata che si stagliano sugli altri rimarcando però che lo standard generale del disco è davvero molto alto.
Sul lato a menzione d’obbligo per la splendida “Don’t believe it” che sposta il calendario agli anni ottanta e alla riscoperta di quel suono garage che solo le menti più rattrappite potevano aver dimenticato e per lo strumentale “Mugello’s theme” che, introdotto dal vociare e tintinnare di bicchieri tipico di un bar di dubbia moralità, evoca le spericolate peripezie di motociclisti infoiati;
a dire il vero con il suo incidere per più di veder girare un Giacomo Agostini che un Valentino Rossi e questo, per chi scrive, non può essere che un grande complimento.
Sul lato b invece primeggiano di un’icollatura il rhytm’n’blues di “Zizinzi” e la grintosa riproposizione di uno standard quale “She said yeah”.
Dopo aver recensito l’ottimo album dei Bidons la generosa terra campana dona all’umanità questi altrettanto ispirati Funny Dunny al che mi sorge spontanea una domanda: “Ma che ci mettono nell’acqua, sempre che è con l’acqua che vi dissetate, dalle vostre parti?”.
Ed altrettanto impellente miurge una richiesta: “Mandatemene subito una decina di casse!”.

Funny Dunny-The waiting grounds

Info e contatti:
Funny Dunny c/o Giulio Laudadio Via T. Benigni 10 83100 Avellino
waww.myspace.com/funnydunnyband

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