(Poor Records 2010) Tre produttori, un’attrice, nessun musicista, un disco brutto. Impresa davvero ardua quella di riuscire ad intravedere quale possa essere la ragione che ha spinto la celebre Asia Aria Anna Maria Vittoria Rossa Argento a prestare i suoi vocalizzi monocorde al progetto dance FORTUNA confezionato da tali Kid Chocolat, The Knack (non quelli di My Sharona, ovviamente) e Oil, di cui si dice facciano i produttori a tempo pieno oltre reclutare altisonanti credits per le loro sessioni di fruityloops.
Non me ne voglia l’intrigante Asia ma credo che tutto ciò rientri nell’ormai arcinota battaglia legale contro il suo ex-compagno Morgan che infuoca i tabloids già da un po’. Sembra infatti che da quando il talentuoso musicista si sia messo a fare il divo della tv la povera mamma Argento abbia sentito invaso il proprio territorio e stia tentando quindi di ripagare con la stessa moneta. Lontani, lontanissimi i fasti di xXx di Rob Cohen o di Perdiamoci di Vista con Verdone.
A nulla sono servite inoltre le collaborazioni con Brian Molko nella cover Je t’aime, moi non plus della Gainsbourg od ancora all’ultimo disco (Da A ad A) dell’ex marito, visto che l’attrice abbia inteso riprovarci con un progetto davvero anonimo. Spiace purtroppo non parlare di musica ma non c’è granchè da dire su questo disco. Scrittura scialba, linee monocorde, piattume fastidioso. Una techno-dance che non si smuove per nulla dalle cose trite e ritrite nell’ultimo ventennio. Derivativa sarebbe un complimento, anche quando talune intro sembrano ricalcare pedissequamente le magnificenze dei Depeche Mode (vedi Rome) ed a cui il rigido formalismo della Argento non riesce a dare alcuna spinta oltre quella di farti premere fast forward sul player. Del resto, la chiave di lettura credo la si possa trovare nel refrain di In the hands of God. «…Rewriting my own genesis…» è l’istruzione programmata per questo combo ma stai a vedere che domani il panettiere sotto casa si cimenterà nel trapianto di fegati?
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