Speciale Drown Within’ Records
Sedna / Die Sünde / Lvtvm
La scelta del titolo di questo speciale dedicato alla Drown Within’ etichetta dell’instancabile Cristian Franchini, viene dal romanzo di Scerbanenco che recentemente ho ripreso in mano. Nelle pagine di quello che non possiamo non considerare il padre del noir moderno, la protagonista è in viaggio e incontra sul suo percorso tre sconosciuti che la trascineranno in un vortice dove il male finirà per manifestarsi in ogni sua forma. Esattamente quello che vi attende, nelle righe a seguire infatti, farete la conoscenza con tre album che fanno del male in ogni sua declinazione il proprio vivere, e che vi faranno compagnia in questo viaggio di sola andata verso il buio.
Sedna
Partiamo coi Sedna e con il loro “Last Sun” che segue, a tre anni di distanza “The Man Behind the Sun” uscito per Spikerot Records. Con questo nuovo EP il quartetto cesenate torna alla casa madre, con cui aveva già pubblicato i primi due episodi. L’omonimo “Sedna” nel 2014 e “Eterno” nel 2016.
Dal debutto in poi, il loro è stato un continuo ricercare la forma migliore per poter esprimere l’insofferenza che si portano dentro. Il tutto attraverso un alternarsi di momenti che spaziano in territori in cui è facile lasciarsi andare, perdersi e fluttuare insieme al dolore di chi non trova pace. L’album è il termine del loro peregrinare nello spazio dei nostri sentimenti in compagnia di una band che riesce a dare del tu alla sofferenza e a rendere concreto quel senso di disperazione “cosmica” che ci avvolge durante l’ascolto.
Registrato da Enrico Baraldi al Waiting Room di Bologna, già teatro sonoro del precedente album, “Last Sun” rappresenta la perfetta colonna sonora della perdita di identità cui stiamo assistendo oggi, con la spersonalizzazione dell’essere umano alle prese con il proprio fallimento. Registrato in presa diretta, l’album è un macigno che ci travolge con la sua intensità e la sua voglia di andare a fondo. Strutturalmente parlando si tratta di un unico brano diviso in due diversi momenti, due atti che guardano, da un punto di vista sonoro, all’introspezione attraverso sonorità che, rispetto al passato, guardano maggiormente a momenti più rilassati, con la scelta di suoni decisamente più ambient, che però nulla tolgono al dinamismo che da sempre contraddistingue il sound del progetto.
Per rendere ancora maggiore l’evidenza di questo (necessario) mutamento i Sedna si sono avvalsi della collaborazione di alcuni tra i musicisti più influenti del panorama internazionale, come Naresh di Hate&Merda (synth), Francesco Bucci degli Ottone Pesante (trombone) Dominck Goncalves dei Downfall of Gaia e Guillerme Henriques (Garea) alle voci.
Un disco che ripropone i Sedna ma ce li fa guardare sotto una nuova luce, che per quello che mi riguarda me li rende ancora più gradevoli rispetto a quanto già non fossero in passato.
Die Sünde
Dalla Romagna ci spostiamo in Veneto e più precisamente a Padova dove troviamo i Die Sünde, che con “Strega” danno seguito al loro notevole esordio del 2020. L’album riprende il discorso laddove il precedente disco si era interrotto, e, se possibile, lo amplia.
Letteralmente Die Sünde sta per “peccato” in tedesco, e fino qui ci poteva anche stare, fermandoci al solo contesto sonoro, ma non solo, Die Sünde è anche il titolo di uno dei dipinti più famosi di Franz Stuck pittore simbolista-espressionista tedesco del diciannovesimo secolo.
I cinque patavini sono in ballo da pochissimi anni ma hanno già dimostrato una compattezza ed uno stile che permettono loro di potersi muovere con grande libertà espressiva. Sono infatti molteplici, e tra loro dissonanti, i momenti che si alternano nei quasi ventuno minuti che fuggono via velocissimi, lasciandoci addosso un senso di frustrazione e abbandono da cui è difficile emanciparsi. “Strega” è un album oscuro che rispecchia perfettamente quelle che sono le nostre insicurezze. Rabbia e dolore sono le parole d’ordine intorno a cui il disco è costruito.
Possiamo vederlo come un rituale che si muove (concettualmente) intorno alla figura della donna, e agli stereotipi cui da sempre è condannata. È la donna, storicamente individuata come il demonio, e quindi mistificata, torturata violentata e repressa per un’atavica paura, la figura di cui parla l’album. La donna osteggiata dall’uomo in virtù del suo potere di dare la vita. Perché è qui che cade l’uomo, laddove realizza di essere incapace di fornire quel ponte verso il futuro che solo la maternità può dare. Lo spiegano benissimo loro nelle note di copertina “Da qui l’inno alla necessità del cambiamento, alla necessità di tornare alle origini, di abbandonare l’infondatezza, insensatezza e scorrettezza del pensiero moderno, un pensiero insostenibile e che ad altro non può portare se non alla distruzione, all’ annichilimento.
Violenza chiama violenza. L’unica strada è mediante l’evocazione di un’entità, qualcosa che non sia propriamente di questo mondo ma che racchiuda in sé le caratteristiche principali atte alla purificazione mediante distruzione ma anche capace tramite essa di ridare la vita, rimodellare un mondo più sostenibile, legato a tradizioni e fondamenta naturaliste, ricollegare l’uomo alla sua vera essenza, alle sue vere origini, al suo io spirituale.
Non un percorso semplice o senza sacrifici ma infine necessario.”
Lvtvm
Cambiamo versante per l’ultima release di questo autunno targata Drown Within’. Ci spostiamo infatti in Toscana, a cavallo tra il grossetano e il senese. È lì che nel 2012 nascono i Lvtvm (“fango” in latino) grazie alla sinergia tra membri di Autoblastindog e Quiet in the Cave. “Irrational Numbers” è il loro secondo album, che arriva a sette anni di distanza da quel “Adam” che me li fece scoprire e apprezzare. Nel frattempo sono cambiate diverse cose sotto il plumbeo cielo della maremma, a partire dalla dipartita di Mike Marchionni, rimpiazzato ai synth da Matteo Borselli.
L’album, strumentale come da tradizione e realizzato nella formazione standard a due bassi, synth e batteria, poggia su una solida base post metal che però non disdegna, anzi, si fa apprezzare proprio per questo, riuscite divagazioni psichedeliche e jazzate.
Sostengo da tempo come non sia per nulla facile cimentarsi con album strumentali che cercano di spaziare, con il rischio di ritrovarsi spiazzati da una serie di “esercizi di stile”.
Non è però questo il caso. Le soluzioni sonore scelte dei Lvtvm riescono a tenere alta la concentrazione senza perdersi in autocompiacimenti. La stessa scelta di una durata decisamente ristretta (intorno alla mezz’ora) permette di restare inchiodati all’ascolto e assimilare il disco nella sua completezza, e senza troppa fatica. Ciò non significa che si tratta di brani dall’impatto immediato. Non è un disco che si vende facilmente all’ascolto. Occorrono ripetute sessioni per apprenderlo in ogni sua sfumatura.
Ma una volta entrati in contatto con il disco non se esce più. Un album meno immediato del precedente ma proprio per questo molto più intrigante.
Trovate tutto quanto nella pagina Bandcamp dell’etichetta
https://drownwithinrecords.bandcamp.com