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Recensione : Davide Ravera – Ramingo

"Ramingo" è un disco che ha una peculiarità, mentre sembra che ti lascia indifferente, ti ha già segato in più pezzi come la spada di Goemon Ishikawa XIII 十三代目石川五右衛門

Davide Ravera – Ramingo

Non è che vorrei far di tutta l’erba un fascio, però la mia attitudine, fin da bambino, ha sempre rifiutato d’acchito la forma canzone italiana; purtroppo, e qui suona dissonante, come accade per la religione cristiana in Italia, che è una situazione nazional-popolare, si sa che si viene battezzati in chiesa da neonati, assorbendo una cultura imposta per trasmissione, almeno per i più, ugualmente la canzone d’autore fa parte del bagaglio culturale annesso all’italiano, incorporato ad esso.

E’ un tratto della cultura, pop, da cui volenti o nolenti non ci si può ribellare, è inscritto oramai nel nostro DNA.
Operare dei distinguo è certo soggettivo e naturale, ognuno avrà dei suoi cantautori preferiti, perciò col tempo, crescendo dallo stato di bambino, mi sono fatto prendere, vuoi anche la curiosità, dall’ascolto di alcun d’essi che il destino, e non solo quello, ha posto sulla mia strada di cittadino pop: De Gregori, Dalla, De André, Conte, Battiato, Rossi… e via discorrendo; ma molti altri non sono stati della partita, pur riconoscendo il personalissimo stile e l’affabilità artistica, quanto lo spessore, Guccini, Finardi, Ruggeri… giusto per fare degli esempi personali e succosi.
E così, all’improvviso, mi cade in testa ‘sto mattone lanciato da chissà quale chilometrica distanza e mi prende in piena fronte, ahia!

Davide Ravera, cantautore del suo ultimo album “Ramingo”.

La copertina appare rossa, con disegnato al centro un lupo intagliato di bianchi fronzoli entro la cui figura pare di scorgerne altre due piccole, e sulla destra il logo del cantante. Davide Ravera è un chitarrista, autore e compositore modenese, in attività da circa un ventennio; si rinviene il lungo sodalizio con la fisarmonicista e percussionista Anna Palumbo e diversi anni di busking, piccoli live e registrazioni non ufficiali, approdando a codesto secondo album segnato dalla sua maturità artistica, che si fregia della produzione artistica di Umberto Palazzo, il mastering di Jim Blackwood e Davide Cristiani al mixer.
Mi trovo davanti alle 13 canzoni che formano il disco; in forma di trio, il cantautore modenese ci propone le sue liriche, il piatto forte del lavoro; la linea d’esse è autobiografica e la forte espressività è evidente nella voglia entusiastica e passionale di creare un discorso che abbia forza e riscuota interesse presso il pubblico. La voce di Davide è chiaramente unica, vicina ad un timbro che va affinandosi proprio grazie alla maturità, risulta curiosamente simile a quella di un corvo nero che, scappato dalla fantasia di E. A. Poe, stende un lungo viaggio dell’anima, tra passaggi di spirito e carne, racconti di vita quotidiana, squarci bukowskiani di provincia, storie di vita sentimentale, tristezza indefinita, presa di coscienza, intimità, fuoco, urla d’impeto, disperazione, noia, sogni, progetti; un realismo messo in scena filtrato dallo sguardo poetico, senza mai arrendersi, grazie alla sua indole energetica e vitale; uno dei rari spiriti liberi in circolazione, affronta la questione artistica da vero lupo della steppa.

I suoi fidi musicisti impiantano un suono in presa live, così come il cantato, che rende l’atmosfera molto scarna, secca, diretta, impreziosita da invenzioni minimali e di sottofondo che talvolta sono fenomenali.

Ho dovuto ascoltare più volte questi pezzi, che si spostano su generi musicali differenti, per ritrovare un feeling con il tutto, alla ricerca di una comunicativa che avesse presa su di me, ad esempio il primo brano “Le Radici”, è una sorta di tango/reggae che si scioglie nel pop, altalenato, facendo l’occhiolino al Gaetano di “Nuntereggae più”, in “Ramingo” avvampa il rock emiliano, “Come il vento ti dirà” ricorda la canzonetta à la Cochi & Renato, puntellata da un’eco di “Bandiera gialla”, di Pettenati, comprensivo di un innesto di tastiera alla Moby; “Ho iniziato a sospettare di me“, rock blues svagandato, la bella e conclusiva “Dedalo” ammicca invece alla canzone blues/jazz, da notte fonda, ottima la chitarra elettrica.

Ho pertanto incarnato lo spirito elettrico che emerge dal lavoro, passo dopo passo ho seguito, rincorso, atteso, riflettuto la poetica di Davide, dopotutto l’amore per un cantautore nasce da un profondo ascolto, ci si cala nelle sue parole, nel suo canzoniere e si riconosce il lume della bellezza, l’identità, il trasporto che emerge dai testi e dall’ottimo sodalizio con la musica; è diventato un ascolto vissuto che ha generato uno scambio culturale a livello personale, univoco. Macchie emotive attecchiscono come un virus.
La scelta di presentarsi con una progettualità da “live”, impegna di più l’ascoltatore portandolo a cogliere l’essenza dell’operazione musicale in ogni sfumatura, sottendendo ad un lavoro d’ensemble che sa di artigianarte, regalando molto di sé, oltremodo autentica.

P. S. Parola d’ordine: staffile… Se cliccate nell’angolo in basso a sinistra, all’indirizzo del sito http://www.davideravera.com/ , sul nome dell’autore, vi si aprirà il player con i brani, i credits e i testi delle canzoni.

TRACKLIST
1 Le radici
2 Ramingo
3 L’amore sottile
4 Come il vento ti dirà
5 Poco sole
6 Il nostro mare
7 Ho iniziato a sospettare di me
8 Gli uomini
9 Non so cosa darei
10 Scarpe nuove
11 Le vie di Firenze
12 Sentiamoci per lavorare
13 Dedalo

LINE-UP
Davide Ravera, chitarra
Alessandro Marchiorri, basso
Riccardo Cocetti, batteria

URL Facebook
https://www.facebook.com/dave.ravera/?fref=ts

http://www.davideravera.com/

 

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