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Recensione : Davide Bosi – Don’t Try

Davide Bosi da alle stampe il suo primo lavoro autoprodotto, che fa del suo mondo, musicale e culturale, una particolare ed interessante perla da portare in superficie calandosi nelle profondità del mare a pieni polmoni, pur di possedere quel piccolo gioiello.

Davide Bosi – Don’t Try

Sulla scia dei gruppi di ispirazione Indie Folk ma dallo sguardo strettamente personale, il 22enne Davide Bosi, di Cesena, quindi proveniente dalla terra romagnola, « […] Romagna solatìa, dolce paese,/cui regnarono Guidi e Malatesta;/cui tenne pure il Passator cortese,/re della strada, re della foresta.»
(Giovanni Pascoli, Romagna, vv. 57-60, Myricae, 1891) fa germogliare il soffuso canto anglofono dei suoi testi.
Le liriche sono interessanti, così la musica e gli arrangiamenti: odo chitarre dal piglio acustico, poi elettrico, poi slide, un violoncello affiora, il pianoforte decanta, presenzia un contrabbasso. C’è una ricerca strumentale in questa opera prima che va di pari passo all’espressione soft/intima della canzone, vestita a volte da delicata filastrocca, altre volte si scopre seriosa e scura, quando non foderata e malinconica; inoltre, albergano aperti omaggi a personaggi illustri poco noti, che popolano il mondo di Bosi e qui riportati in auge con nostra bella sorpresa.

“Nobody’s in town”: intro arpeggiato di chitarra… e si riparte in lentezza sul tema principale, la chitarra sostiene certe note in slide per piombare nello scuro; si acquista in seguito ritmo, in modo da far scattare la scintilla che innesca i grandi pezzi… La canzone suona come un post-it: la vita non è uno scherzo, per raggiungere la maturità occorre affrontarla con polso, rimanendo soli con se stessi e i propri fantasmi.

“Clarinet” è sofficemente malinconica, il bel video è una graziosa combinazione animata di disegni e immagini in b/n che si sovrappongono. Pura filastrocca dalla nuance fanciullesca, piuttosto che una ballad. Il cantato è amichevole, riservato, affettuoso. Anche se a me a fatto pensare a Current 93 nei suoi tratti acustici più tranquilli.

“Don’t Try” è song dal tono confidenziale che proferisce una ricetta contro le ferite dell’animo. Si innesta la marcia, cioè, si avanza a ritmo di marcetta intersecata dal violoncello in leggera sordina, mentre la chitarra elettrica snocciola insistenti monocorde, pennate d’ali di colibrì. Svolazzanti virgole di suono puntano verso l’alto. Ottimo il video girato da Sara Pizzinelli, con la modella Beatrice Balzani che dipinge pennellate in b/n su supporto trasparente posto tra lei e la telecamera: ritornerà il colore.

Su “Music is not in my veins” aleggia un motivo di chitarra quasi drammatico, la voce è certo più profonda, sfiora certe ambientazioni acustiche ai confini del mistero.
Sorge una sofferenza esistenziale dell’artista nei confronti della propria musica venduta a coloro che non sanno nulla di lui, un gioco di ruoli, deformante, come le belle sonorità di sottofondo, specie la batteria.

E’ spiritualmente toccante “Harry Fainlight”, a must e quinto pezzo in scaletta riferito al grande e misconosciuto poeta, salutato da Allen Ginsberg come “il poeta inglese più dotato della sua generazione”. Nello splendido e commovente video della song, viene riproposta la scena ripresa alla Royal Albert Hall nell’ambito di un evento poetico di vasta portata, L’International Poetry Incarnation, qualcosa che assomigliava ad un “rave di poesia” in onore dei poeti della beat generation in visita a Londra nel 1965 e capitanati da Ginsberg, nel momento in cui Fainlight recita i versi di “The Spider”, allorché viene interrotto dallo scrittore olandese Simon Vinkenoog, in preda alla mescalina, che cantava urlando tra la folla “Amore, amore”!, causando l’agitamento generale. Fu un colpo per Fainlight, tanto che non riuscì a proseguire la lettura, il brusco evento lo ferì molto, a conferma che non era riconosciuta la sua grandezza poetica che invece meritava ampiamente. (https://www.youtube.com/watch?v=TC4-u5gewXY)

Di notevole piacevolezza anche la track “Maria D’Avalos”, personaggio storico regale della Napoli della seconda metà dell’Ottocento. La sua proverbiale bellezza fa da scenario ad una storia d’amore “impossibile”, specie per quel tempo, che sfocerà nella morte sua e del suo innamorato, per mano del marito di lei, in una stanza del loro palazzo coniugale, colti in flagrante reato passionale. Evento leggendario carico di struggimento e sofferenza, evidenziato dal violoncello finale che dona un tocco evocativo lungo il bell’arpeggiato di elettrica. Spicca qualche rumorismo, la voce eco, un rinforzo di ritmo alla batteria.

“Frank Gagliano” fa capo anch’essa ad un personaggio illustre, a me ancora per poco sconosciuto, “è uno dei protagonisti di un racconto molto sottovalutato di John Fante, dal titolo “l’Orgia”. Spicca su arpeggi di chitarra il violoncello autunnale, mosso all’emotività del ricordo, acquisendo un’aria classica che conferisce aulicismo! Vibrante ed intensa meteora.

“Eraser of the joy” predilige il pianoforte a colorare il tessuto vocale, gettando l’ascoltatore in una vena sentitamente tenera. Piume di delicatezza svolazzano per addolcire la pillola, quale pillola? Davide ci chiarisce: “Eraser of The Joy” è tratto da un passo de “Le mille e una notte” in cui viene stravolto il classico messaggio del “… e vissero tutti felici e contenti”, in quanto si annuncia che la felicità finalmente raggiunta sarà anch’essa obliata dalla Morte.
And then they lived, He and They

In wellness, pleasure and happiness,

till they were taken by the One,

the Eraser of all the Joy

She cut the wires

and said “Goodbye”.

 

TRACKLIST
1. Nobody’s in Town 04:01
2. Clarinet 02:57
3. Don’t Try 04:24
4. Music Is Not In My Veins 03:23
5. About Harry Fainlight 02:42
6. Maria d’Avalos 01:51
7. Frank Gagliano 02:21
8. The Eraser Of The Joy 01:46

LINE-UP
Davide Bosi – Lead Vocal, guitar, bass
Luca Guidi – Drums and percussion
Denis Burioli – Cello
Matteo Garattoni – Contrabass
Valentina Spagnoletti – Piano

URL Facebook
https://www.facebook.com/BosiDavideDave/?fref=ts

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