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Recensione : Corey Harris – The Insurrection Blues

E' questo il caso della Bloos Records che piazza un colpo davvero fragoroso publicando il nuovo album di Corey Harris, per chi non lo sapesse uno che ha inciso dischi per label quali la Alligator.

Corey Harris - The Insurrection Blues

Corey Harris – The Insurrection Blues

Ci sono cose che rendono la vita migliore. Cose che esulano dalla banalità della vita quotidiana fatta di eventi che si ripetono senza scossoni. E, se per la maggior parte del genere umano, la ripetitività degli eventi può rivelarsi soddisfacente o quantomeno comoda e confortante non per tutti la linearità rappresenta un modello di vita nè una piccola cifra stilistica.

C’è qualcuno che sente la necessità di grandi passioni che facciano bene al cuore e all’anima, una di queste, per noi appassionati di musica, può essere quella di fondare un’etichetta e di vederla crescere. E’ questo il caso della Bloos Records che piazza un colpo davvero fragoroso publicando il nuovo album di Corey Harris, per chi non lo sapesse uno che ha inciso dischi per label quali la Alligator.

Il nostro, rimasto “imprigionato” nel nostro paese per via del lockdown, ha infatti dato alle stampe questa raccolta di brani dal taglio profondamente politico, cosa per altro usuale della sua tradizione di artista coerente e fieramente schierato, dalla struttura scarna ma estremamente viva e vibrante come il blues che viene direttamente dalle viscere sa e deve essere ed ha deciso di affidarne la pubblicazione ad una realtà operante nella nostra penisola.

La forza dell’artista della Virginia sta nel suo saper essere un cantore di favole scarne ma efficaci, un menestrello come i suoi predecessori più nobili hanno saputo essere e dei quali è superfluo fare nomi visto che tutti noi li conosciamo ed ai quali Harris guarda con la giusta ammirazione sapendone riprendere la lezione senza sembrare un pedissequo imitatore.

Per intuire quanto tutto questo sia estremamente reale basti sentire lo scorrere delle dita sugli accordi di pezzi come Toubaka, Boats Up River e By and By, o brani come Afton Mountain Blues dove le lancette di un ipotetico orologio temporale vengono riportate a tempi in cui tutto era più vero, fisico e tangibile, e, per una volta si fotta la retorica. Anche le cover comprese in scaletta funzionano benissimo segno di un feeling che solo veri e sinceri interpreti di un genere così emotivamente coinvolgente come il blues possono avere.

Lo so che non c’entra davvero nulla citare una band che non c’entra davvero niente con il disco in oggetto, e della quale non farò il nome, ma in questo caso come in molti altri “orgoglio per le tue passioni”.

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