iye-logo-light-1-250x250
Webzine dal 1999
Cerca
Close this search box.

Recensione : Restless Oblivion – Sands Of Time

Pregevole il lavoro dei russi Restless Oblivion, band giovane e dai margini di miglioramento notevoli, che si ritrova la sfortuna di dover far fronte ad una concorrenza interna importante sia numericamente sia qualitativamente.

Restless Oblivion – Sands Of Time

Ancora una nuova band russa alla ribalta sulla scena death-doom: queasta volta è il turno dei Restless Oblivion, i quali, manco a dirlo, pubblicano questo loro disco d’esordio sotto l’egida della Solitude Production.

In virtù del numero elevato di uscite qualitativamente ineccepibili promosse dall’etichetta moscovita, che dal 2005 inonda letteralmente il mercato del doom estremo, verrebbe quasi voglia, ogni tanto, di trovare qualche falla nel lavoro dei suoi talent-scout, anche per non rischiare di essere scambiati per degli scribacchini prezzolati.

Ma, tant’è, qui di rubli non se ne vede neppure l’ombra, in compenso, se proprio di falla non si può parlare, sicuramente gli ultimi due dischi presi in esame, quello dei Crypt Of Silence e questo Sands Of Time, non raggiungono i livelli di eccellenza degli Shattered Hope o degli Woe Unto Me, tanto per utilizzare come termini di paragone due lavori usciti più o meno nello stesso periodo. Non che i Restless Oblivion abbiano dato alle stampe un album brutto o mediocre, chiariamolo immediatamente: i ragazzi di Voronezh hanno tecnica e talento da vendere, basti ascoltare brani splendidi quali Edge Of Existence, Resolution of Slavish Pain e la title-track per rendersi conto delle loro potenzialità; diciamo, però che, come già accaduto ai citati compagni d’etichetta ucraini, all’insieme del lavoro manca la costante accensione di quella fiammella emotiva che, nei ritmi lenti di un funeral-death doom dagli intenti melodici, si rivela fondamentale per tenere desta l’attenzione degli ascoltatori.
Infatti, oltre ai brani segnalati in precedenza, si evidenziano qua e là momenti di sicuro pregio per lo più immersi in atmosfere piuttosto dilatate che non sempre appaiono in grado di sopportare il peso di quasi un’ora di musica.
Forse, in un momento meno ricco di pubblicazioni di qualità sopra le righe come quello attuale, Sands Of Time avrebbe potuto destare una maggiore attenzione e strappare qualche mezzo punto in più a livello di valutazione; resta comunque pregevole il lavoro dei Restless Oblivion, band giovane e dai margini di miglioramento notevoli che si ritrova la sfortuna di dover far fronte ad una concorrenza interna importante sia numericamente che qualitativamente, un vero paradosso per chi si dedica ad un genere di nicchia come il doom.

Tracklist:
1. Deadline of Essence
2. Edge of Existence
3. Resolution of Slavish Pain
4. Like the Hope of Escape
5. Sands of Time
6. Our Tunnel Light
7. Sin of Pure Life

Line-up :
Eugeny “Taran” Fomenko – Drums
Sergey Artyomov – Guitars
Pavel Levashov – Bass
Ivan Voitov – Vocals
Andrey Ermalov – Guitars

RESTLESS OBLIVION – Facebook

Get The Latest Updates

Subscribe To Our Weekly Newsletter

No spam, notifications only about new products, updates.
No Comments

Post A Comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

POTREBBE INTERESSARTI ANCHE

Samsara – Charon’s Lullaby

I Samsara offrono tre quarti d’ora di death doom atmosferico di eccellente pregio; Charon’s Lullaby trova il suo fulcro in due lunghe tracce lungo le quali melodie struggenti si inseguono senza soluzione di continuità, sostenute da un comparto ritmico comunque robusto.

Arð – Untouched by Fire

Se da un lato viene meno il sempre stuzzicante effetto sorpresa, dall’altro emerge prepotentemente la soddisfazione di poter inserire nel gotha del genere un nome come quello degli Arð, con la prospettiva di poter godere anche in futuro di ulteriori lavori dalla qualità inattaccabile come Take Up My Bones e Untouched by Fire.

Oakmord – End of a Dream

End of a Dream è un veleno che entra direttamente in vena, inoculato da chi, come gli Oakmord, intende palesare all’ascoltatore che il tempo di sognare è finito, riportandolo bruscamente a una più prosaica e cupa realtà.

Acathexis – Immerse

Immerse colpisce lungo una cinquantina di minuti in cui turbina un coacervo di sensazioni la cui somma, alla fine, si sublima in un costante flusso emozionale; rispetto all’opera prima degli Acathexis si può apprezzare una maggiore propensione alla melodia, il che non significa affatto l’alleggerimento di un tessuto sonoro di rara densità emotiva.