Serata di rock ‘n’ roll incandescente (a dispetto del clima freddo e piovigginoso fuori) sul palco del Caracol, il circolo e hub artistico che, in quel di Pisa, ha ospitato il concerto dei Jackson Pollock, duo garage/noise punk bolognese da qualche mese impegnato in giro per l’Italia – e l’Europa – nella promozione del loro album d’esordio, “Today forever” (uscito quest’anno sulla label tedesca Rookie Records) che ha toccato anche la cittร con la Torre Pendente.
La tappa toscana ha rappresentato, per chi vi scrive, la prima volta assoluta in cui รจ riuscito a beccare dal vivo i regaz, “Emily” (alla batteria e voce) e “Davide” alle chitarre, trovando ampie conferme rispetto all’ottima reputazione che si era giร fatto sul loro conto, ascoltando la loro musica e vedendoli in azione grazie ai supporti mediatici odierni, e ora interagendo anche a livello umano: persone genuine e positive, determinate e fiere del proprio percorso DIY, disponibili, simpatiche e umili ma che, quando รจ il momento di prendere in mano gli strumenti on stage, si trasformano completamente, incendiando l’atmosfera e le platee col loro sound lo-fi abrasivo e selvaggio come le furiose pennellate che contraddistinguevano il processo creativo istintivo del noto pittore statunitense da cui prendono il nome.
Assistere a un live set dei Jackson Pollock รจ un’esperienza che rapisce i sensi e li catapulta in un vortice infuocato che centrifuga chitarre fragorosamente distorte, vocals concitate – ora sguaiate, ora suadenti – e un suono di batteria travolgente e concettuale che, ribaltando i tradizionali canoni classici del R’N’R, รจ lรฌ per prendersi il centro della scena da protagonista preponderante del quadro sonoro d’insieme, invece di essere relegato a un mero ruolo di accompagnamento alla sei corde.
Feroce e ammaliante al tempo stesso, il drumming di Emily scandisce il tempo di pezzi brevi e compatti che vanno a comporre un mosaico sonico che, come giร riscontrato su disco, si nutre di un caos mai fine a sรฉ stesso, ma calibrato, con una sua struttura di fondo, che non disdegna affatto il gusto per la melodia che va a ingentilire una dinamitarda sezione ritmica imbevuta di cacofonia di matrice hardcore/noise punk. Viene eseguito, quasi per intero, il loro Lp d’esordio “Today forever”, e anche in sede live risalta il groove animalesco di schegge roventi come la stessa title track e “Trinidad“, “No one’s my leader“, “Someday, somewhere“, “Do what you want“, “Samurai showdown“, “Deep“, “Pezzo tamarro” e “Galactic“, in una gioiosa esplosione catartica che invita l’ascoltatore a lasciarsi trasportare dal flusso.
Un furgone, migliaia di chilometri macinati, tanti sacrifici, il Do-It-Yourself come stella polare, zero compromessi, senza risparmiarsi: guerriglieri underground, i Jackson Pollock, come dei novelli protagonisti di una versione aggiornata di “Our band could be your life“, arrivano e, con la loro effervescente presenza scenica e il loro candido entusiasmo, scatenano un inferno primordiale di decibel, ma senza mai perdere la tenerezza, e conquistano nuovi cuori.
P.S.: si ringrazia J.Diego Bianchi aka Kiwi per la gentile concessione delle foto.














