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Recensione : Sanctorium – The Depths Inside

Debutto clamoroso per la symphonic metal band russa Sanctorium.

Una premessa: Iyezine non ha la presunzione di giudicare e tranciare la musica delle band, ma cerca con i pochi mezzi a disposizione e tanta passione di dare supporto a qualsiasi realtà meriti l’attenzione nostra e di chi ha voglia di cliccare su di un nostro articolo, che sia metal, rock o elettronica poco importa, viene dato spazio a tutti, dall’autoproduzione, all’album promosso da qualsiasi etichetta ci chieda una mano per far conoscere le proprie proposte.

E’ cosi che, virtualmente, si viaggia per il mondo, partendo dall’Italia e soffermandosi su qualsiasi realtà meriti, a nostro modesto parere, un minimo d’attenzione, che sia in India piuttosto che in Australia, negli Stati Uniti, nei paesi scandinavi o, come in questo caso, in Russia.
Infatti è dall’estremo est europeo che provengono i bravissimi Sanctorium, autori di un debutto sulla lunga distanza davvero riuscito.
La band nasce addirittura dieci anni fa, nel 2006 esordisce con un demo e, prima di arrivare ai nostri giorni e all’uscita di The Depths Inside, rilascia un ep e due singoli.
Il nuovo album è un bellissimo esempio di symphonic gothic metal, maturo e debordante nella sua anima più metallica, l’altra faccia della stessa medaglia dove, dall’altra parte, la componente sinfonica è veramente sopra le righe, aiutata da una bravura strumentale stupefacente.
La parte del leone la fanno i due vocalist, Dariya “Eirene” Zhukova, soprano dalla voce magnifica e Sergey Muravyov, ottimo con il suo growl possente che ricorda non poco il Nick Holmes dei primi album dei Paradise Lost, accompagnati da musicisti spettacolari e da un songwriting che, anche se non brilla per originalità, regala una manciata di perle che stupiscono per il piglio e l’assoluta qualità.
E’ così che dopo la classica intro atmosferica, la voce della Zhukova irrompe sulle note della devastante 1000 Years, la parte metallica (aggressiva e dura come l’acciaio) si amalgama alla perfezione con quella sinfonica, le due voci così distanti tra loro iniziano la loro personale battaglia, una estremamente aspra, l’altra celestiale: bianco e nero, bene e male si scambiano il palcoscenico o all’unisono riempiono il suono di atmosfere ora tragiche e drammatiche, ora sognanti, per un risultato di enorme emozionalità.
La band fa il resto, gli elementi sinfonici addomesticano la furia metallica del combo in emozionanti parti, dove le cavalcate power/death degli strumenti elettrici vengono imprigionati in ammalianti passaggi orchestrali.
La devastante Alive, seguita dalla più ariosa Spirit, la sognante Maid Of Lake (con l’ospite Anastasia Simanskaya alla voce), la symphonic death Cancer Of Earth, la più gothic del lotto Rub Al’Khali, sono i brani più riusciti di un album bellissimo, suonato, cantato e prodotto in modo superbo: lascio a chi vorrà dargli un ascolto il compito di cercare similitudini ed influenze con band più famose, perché quest’opera merita la propria individualità.

Tracklist:
1. Intro
2. 1000 Years
3. Dragonqueen
4. Alive
5. Spirit
6. Maild of Lake
7. Cancer of Earth
8. Initiation of Al’Hazred
9. Silent Cry (Ballade)
10. Rub Al’Khali
11. Prayer

Line-up:
Alexey Sherbak – Guitars
Ilya Wilks – Bass
Evgeniy Nosov – Drums
Daria Zhukova – Vocals (female), Lyrics
Sergey Muraviev – Vocals (harsh), Lyrics
Olga Gavrilova – Keyboards
Alexandr Mutin – Guitars

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