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Recensione : Proibito parlare di Anna Politkovskaja

Il 7 ottobre 2006 Anna Politkovskaja (48 anni) è stata ritrovata nell’androne della sua casa moscovita uccisa da quattro colpi d’arma da fuoco.

Proibito parlare di Anna Politkovskaja, edito da Mondadori

Proibito parlare di Anna Politkovskaja

Il 7 ottobre 2006 Anna Politkovskaja (48 anni) è stata ritrovata nell’androne della sua casa moscovita uccisa da quattro colpi d’arma da fuoco.

Pochi giorni dopo avrebbe pubblicato sul giornale “Novaja Gazeta” i risultati di una sconvolgente inchiesta sulle torture perpetrate in Cecenia dai russi – l’ultimo reportage di una carriera giornalistica sempre all’insegna del coraggio, della verità, della lotta per i diritti e la dignità umani, per la libertà e la democrazia; quella che ancora, in Russia, non c’è. Il killer, ripreso dalle telecamere dell’edificio, le ha sparato un colpo al petto e tre al capo.

Presto, amici, colleghi e persone qualunque che stimavano il suo lavoro si sono diretti sul luogo del delitto per renderle omaggio; anche l’intervento della polizia è stato tempestivo: sono entrati in casa e le hanno sequestrato il computer.

Dopo l’omicidio, Putin ha tenuto a puntualizzare che la giornalista assassinata “aveva un’influenza minima sulla vita politica russa”, e che “il suo assassinio reca più danno alla Russia e alla Cecenia che qualunque dei suoi articoli”; forse è per questo che i telegiornali governativi russi non hanno parlato del funerale. Questo volume raccoglie alcuni fra i suoi articoli più sconvolgenti, racconti agghiaccianti che tracciano ritratti di persone comuni travolte dalle tragedie della storia.

 

Potrete leggere passaggi come questi:

 

  • 13 febbraio 2003 – Se rendi il suicidio un atto eroico per le generazioni future e per la libertà significa che non ti rimane più nient’altro: significa che sei al limite della sopportazione e delle umiliazioni. È la risposta della più nera disperazione, del sentimento predominante che pervade tutti nell’odierna Cecenia.
  • 13 febbraio 2003 – (…) i federali accerchiano la casa di Movsar Termulaev. Sua moglie dalla finestra vede un soldato estrarre una granata e si precipita fuori gridando: “Ci sono dei bambini in casa!”. Il soldato ripone la granata, ma i commilitoni prendono Movsar, lo picchiano e lo portano via. Quella sera lo lasciano dalle parti del villaggio Petropavlovskaja, con fratture e grondante di sangue, dicendogli che avevano sbagliato indirizzo…
  • 23 ottobre 2003 – (Tragedia Teatro Dubrovka) “Per lei, chi è il maggior colpevole della morte di suo figlio?” “Lo Stato. Non i ceceni. Per me i ceceni sono i meno colpevoli di tutti, stanno al decimo posto. Colpevole è chi ha preso la decisione di usare il gas. Putin, naturalmente. Voglio che lui risponda a questa domanda: se il 23 ottobre 2002 ci fosse stata sua figlia a Teatro, come si sarebbe comportato?”
  • 12 febbraio 2004 – La prima sensazione è che in Cecenia non cambi mai niente, neanche a morire. Tutti fanno la guerra contro tutti. Gente armata ovunque. Si ha paura del prossimo. I visi hanno tutti la stessa espressione tetra. Tanti nevrotici, mezzi matti. La sintomatologia notturna: sparatorie, combattimenti, colpi d’artiglieria. Quella mattutina: crateri freschi provocati dalle esplosioni.
  • 16 febbraio 2004 – Il carro della repressione avanza veloce sulla nostra terra. Da un lato spazza via tutto ciò che incontra sul proprio cammino, dall’altro crea opposizione. Come per dispetto. Ma contro chi? Solamente contro i profughi? Contro tutti noi. Nella storia i bambini delle riserve non hanno mai perdonato la loro infanzia umiliante ai bambini vissuti nel tepore di una casa.
  • 24 giugno 2004 – A Mosca di notte è tutto fermo. I canali televisivi non trasmettono più, gli addetti ai servizi d’informazione se ne sono andati tutti a casa. I responsabili delle forze dell’ordine hanno spento i cellulari e ora riposano. È zona morta. Saccheggia, uccidi se vuoi… i generali daranno ordini soltanto domani mattina.
  • 23 dicembre 2004 – (Tragedia Scuola Beslan) (…) un’insegnante presa in ostaggio, cui hanno ucciso il figlio, non è uscita di casa per due mesi. Oppure un’altra (…), dopo aver camminato tra i corpi cercando sua figlia, l’ha trovata e seppellita. Per un po’ ha resistito. Ma poi si è tagliata le vene. Un giovane di trentadue anni, cui è morto il figlio piccolo, ha portato fuori i feriti, ha partecipato al riconoscimento dei corpi… La notte aveva gli incubi e per sfuggirvi cercava di rimanere sveglio. Ma quanto si può resistere senza dormire? Dopo tre settimane di insonnia si è tagliato le vene…
  • 5 dicembre 2005 – L’esecuzione (…) è stata compiuta “alla cecena”, con modalità tipiche dei nostri tempi: cioè per mano di sconosciuti mascherati e in tuta mimetica, giunti da non si sa dove e dileguatisi senza lasciar traccia.
  • 5 dicembre 2005 – Un giovane era stato sequestrato da “sconosciuti a bordo di veicoli blindati”: gli avevano iniettato gasolio in vena, lo avevano torturato e infine abbandonato cadavere. Guardarlo non era tanto spaventoso, quanto incredibile. Era nero…
  • 4 maggio 2006 – Le nostre lacrime (…) non turbano il potere, compreso quello militare. Iniziano a innervosirlo solo quando la questione prende una piega giuridica o acquista, come si suol dire, “risonanza pubblica”.

“Proibito parlare” di Anna Politkovskaja

Cos’altro aggiungere? La Politkovskaja ha scritto:Sono una reietta.

È questo il risultato principale del mio lavoro di giornalista in Cecenia e della pubblicazione all’estero dei miei libri sulla vita in Russia e sul conflitto ceceno. A Mosca non mi invitano alle conferenze stampa né alle iniziative in cui è prevista la partecipazione di funzionari del Cremlino: gli organizzatori non vogliono essere sospettati di avere delle simpatie per me. Eppure tutti i più alti funzionari accettano d’incontrarmi quando sto scrivendo un articolo o sto conducendo un’indagine.

Ma lo fanno di nascosto, in posti dove non possono essere visti, all’aria aperta, in piazza o in luoghi segreti che raggiungiamo seguendo strade diverse, quasi fossimo delle spie. Sono felici di parlare con me.

Mi danno informazioni, chiedono il mio parere e mi raccontano cosa succede ai vertici.

Ma sempre in segreto.”

 

Marco Sommariva

www.marcosommariva.com

 

 

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