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Recensione : Nibiru – Padmalotus

Tutto qui è occulto, tutto rispecchia un'alterità nascosta, un'attesa febbrile della liberazione dell'uomo dai vincoli, possa essere anche la vita stessa, che non è affatto il bene più prezioso per l'uomo.

Nibiru – Padmalotus

Un nuovo livello, un livello più alto, un’esplorazione psichidelica di altri territori.

Nuovo disco per una delle entità più interessanti dell’underground italiano, i Nibiru.
Chi li ha visti dal vivo sa che è un’esperienza difficilmente dimenticabile, come i loro dischi.
Nibiru è caos, lo sfracellarsi a terra delle nostre agognate sicurezze, la reductio ad atomo della nostra vita civile, qui ci si spoglia delle falsità e si entra nel cammino della mano sinistra.
Questa musica è un rituale, un aprire il nostro cervello dando spazio alla nostra anima, per vedere il mondo così come è fatto, in una visione scevra di pregiudizi, ma soprattutto di preconcetti.
Per sopportare questa vita siamo oberati dalle sovrastrutture, dagli impianti neuronali costruiti per limitare ciò che non è produttivo o “buono” in noi.
I Nibiru risvegliano kundalini, portandoci ad un livello primordiale, alla vera vita, dove pietà e cannibalismo convivono, poiché sono differenti manifestazioni della stessa energia.
Questa volta i Nibiru hanno composto un disco maggiormente strutturato per quanto riguarda la composizione rispetto ai due predecessori. Nati nel 2012 da tre reduci da importanti esperienze come i Tronus Abyss, i Nibiru per i primi due anni della loro esistenza hanno fluttuato nell’improvvisazione guidata dall’istinto. L’opera prima “Caosgon” è appunto una fedele testimonianza di ciò che succedeva nell’Aadiya’s Temple, la loro tana.
Il successivo doppio capolavoro “Netrayoni” ( mille vagine, a chi interessasse la traduzione ), è nelle parole della band stessa lo zenith della loro improvvisazione.
Padmalotus è diverso, è il fiore di loto che nasce dal fango, con i petali verso il cielo, e cresce, cresce.
Questo è un livello più alto, un nuovo universo psichico per i Nibiru, e ne viene fuori un disco che fa quasi paura, un flusso continuo di caos e rumore, vibrazioni che vengono prodotte ritualmente sa strumenti.
Tutto qui è occulto, tutto rispecchia un’alterità nascosta, un’attesa febbrile della liberazione dell’uomo dai vincoli, possa essere anche la vita stessa, che non è affatto il bene più prezioso per l’uomo.
Il positivismo ha illuso l’uomo, e questi ultimi secoli ci hanno fatto nascere il miraggio di poter vivere secondo la scienza, seguendo una speranza che le nostri carni negano.
Siamo solo un afflato vitale, l’unica cosa che conta è la nostra anima, e i Nibiru lo ribadiscono usando il linguaggio enochiano per il loro cantato, un codice che dà spazialità e vita alle parole. L’enochiano è conosciuto come linguaggio degli angeli, che lo avrebbero donato a John Dee, un uomo che è stato molte cose, un iniziato molto importante.
Tale linguaggio è molto potente, e funziona splendidamente con la musica rituale dei Nibiru.
I torinesi mettono in musica il Vamacara, il percorso della mano sinistra e lo fanno con composizioni incredibili, un qualcosa di ancestrale che vi scuoterà, e vi farà capire la vostra vera natura, e non vi piacerà cosa siete, ma questo siete.
Con Padmalotus i Nibiru diventeranno sicuramente un grosso nome a livello mondiale, le premesse ci sono e c’erano già prima.
Diventante carne e sangue fumanti, ritornate.

Tracklist:
1. Krim
2. Ashmadaeva
3. Trikona
4. Khem

Line-up:
Ardath – Chitarra e Enoch
Siatris – Batteria
Ri – Basso

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