Sono passati un paio di mesi dall’uscita del singolo Nothing Changes, che anticipava il full length in questione uscito tramite la Jolly Roger Records in questa calda metà di giugno.
L’estate non poteva iniziare meglio, così che, oltre alle temperature della stagione estiva, l’atmosfera si surriscalda e di parecchio all’ascolto di questo potentissimo album che, come nelle previsioni della vigilia, rianima spirito e cuori degli appassionati sparsi per lo stivale e non solo.
Facciamo un piccolo passo indietro a ricordare (per chi si era perso la presentazione del singolo) il primo vagito della band uscito nel 2010 intitolato “Serve Your Master”, sotto il monicker Red Warlock, e senza indugi andiamo a riassumere quello che all’ascolto, si preannuncia come uno dei più riusciti album del genere a livello underground.
Flames of Black Fire mantiene le promesse fatte con il singolo e la band ci travolge con il suo heavy metal moderno, tra oscurità, melodia e potenza, come nella migliore tradizione metal classica statunitense.
Enorme la prova del vocalist Marco Piu, aggressivo, teatrale e debordante nelle melodie, così come la tellurica sezione ritmica, motore inesauribile della band (Tony Rassu al basso e Claudio Sechi alla batteria).
Le due asce, micidiali quando i manici si incendiano, regalano assoli tracimanti metallo, melodici, oscuri, drammatici e di scuola americana (Andrea Giribaldi e Gianni Corazza).
Senza perdere mai la bussola i Negacy confezionano un lavoro di puro metal americano, modernizzato, certo, ma comunque sempre e solo heavy metal, raccogliendo l’eredità dei Nevermore (band che più si avvicina all’approccio musicale della band sarda) senza attraversare quella linea immaginaria che ha portato la band di Warrel Dane in più di un’occasione verso lidi thrash .
Oltre alle bellissime Great Plague, la title track e Nothing Changes, brani presenti sul singolo precedente, si aggiungono quindi altre sette perle sonore che ci consegnano una band perfetta sotto tutti i punti di vista, dalla tecnica dei musicisti coinvolti fino all’ottima produzione che valorizza ancor di più la tempesta power delle ritmiche, le scale melodiche delle chitarre e la prestazione di un singer straordinario.
Mind Flayer, Need To Guidance, Eradicate mettono in evidenza ritmiche intricate, atmosfere nere come la pece, un’aura drammatica tra rabbia e sofferenza; Parasite, cadenzata ma pesante come un’incudine, conferma l’eclettismo di Piu, bravissimo nelle parti melodiche, in una canzone che poteva tranquillamente far bella mostra di sè nella track list di “Dreaming Neon Black”, capolavoro della citata band statunitense.
Il power di Eye Of The Thunderstorm, epico e coinvolgente, è l’unica concessione al sound europeo, mentre Epitaph, brano heavy metal in crescendo che allontana la band dall’influenza primaria, mette fine allo scontro.
Non mi rimane che consigliarvi quest’opera, che non mancherà di entusiasmarvi: siamo al cospetto di una band con le carte in regola per sfondare nell’intricato panorama metallico,nonchè un altro centro pieno della sempre più sorprendente Jolly Roger, etichetta nostrana che non ne vuol sapere di rilasciare album che siano al di sotto dell’eccellenza.
Track List:
1.Refugees In Wastelands
2.The Great Plague
3.Mind Flayer
4.Need No Guidance
5.Flames Of Black Fire
6.Eradicate
7.Parasite
8.Nothing Changes
9.Eye Of The Thunderstorm
10.Epitaph
Line-up:
Marco Piu – Vocals
Andrea Giribaldi – Guitar
Gianni Corazza – Guitar
Tony Rassu – Bass
Claudio Sechi – Drums