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Recensione : Majesty Crush

Una splendida meteora dello shoegaze furono i Majesty Crush.

Majestic Crush

Majesty Crush

Se pensate che sul suolo statunitense non vi sia mai stata una guerra in epoca moderna, siete in errore. Nella prima metà degli anni ’90 sono volati fior di schiaffoni tra il Grunge e lo Shoegaze, due generi musicali che avevano poco in comune se non l’essere nati nello stesso periodo, a cavallo tra gli anni ’80 e ’90. Nirvana, Mudhoney e Soundgarden, dalla parte del Grunge. My Bloody Valentine, Slowdive e Ride per lo Shoegaze, tanto per fare nomi.

Nel 1991, “Nevermind” dei Nirvana e “Loveless” dei My Bloody Valentine segnano l’apice per entrambe le correnti. Il grunge esplose in popolarità mentre la maggior parte delle band Shoegaze si sciolsero o andarono in un’altra direzione musicale, nonostante questo, le loro influenze si sento ancora adesso.

Una splendida meteora dello shoegaze furono i Majesty Crush. Meteora perché l’etichetta per la quale firmarono fallì subito dopo la pubblicazione del loro unico album. I membri continuarono a fare musica con progetti paralleli ma il frontman, David Stroughter, soffriva di disturbi psicologici che non gli hanno reso la vita facile. Lui, afroamericano, in un momento di crisi, per disturbo alla quiete pubblica, è stato sparato dagli agenti di polizia a Los Angeles nel 2017. Sì, il tiro al bersaglio di colore è sempre stato praticato al di là dell’oceano.

Oggi, a più di trent’anni dalla pubblicazione, la NumeroGroup propone le registrazioni del gruppo avvenute tra gli anni 1993-95. In due LP ritroviamo l’album sopracitato, dal titolo “Love 15” e diverse registrazioni tra Ep e rarità.

In questi pezzi possiamo assaporare le diverse sfumature del sound che rende ricca e complessa la band, difficile da etichettare e capace di ammaliare i più disparati ascoltatori. Il dream-pop proposto è pulito nonostante le pedaliere che infarciscono di effetti le chitarre. Ciò perché i Majesty Crush ci tengono a non far perdere le loro creazioni dietro ad un muro del suono eccessivamente distorto, ma vogliono accompagnarci nell’ascolto delle canzoni, dove i ritmi in progressione crescono assieme al nostro coinvolgimento. Nella loro biografia, infatti, viene riportato: “…erano troppo ambiziosi per guardare qualsiasi scarpa, soprattutto le loro, e con un frontman, David Stroughter, che a volte sembrava imitare Syd Barrett, non si nascondevano dietro strati di chitarra. “

I M.C. condivisero il palco con gente del calibro di Mazzy Star, The Verve e My Bloody Valentine e hanno collaborato con Jack White. Sarebbe un peccato dimenticarsi di loro o non averli mai conosciuti. Ecco perché non bisogna perdere l’appuntamento con questa uscita per poi abbandonarsi ai loro suoni sin dalla track di apertura, Boyfriend, tra le cose migliori o Grow dove si sentono echi di Jeff Buckley e Sunny pura essenza del genere. C’è persino una coraggiosa dedica a Cicciolina (sì, lei).

 

Majesty Crush

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