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Liberato

Si è parlato molto di Liberato, il misterioso cantante napoletano che mantiene il segreto sulla sua identità e ha appena pubblicato il nove maggio il suo disco di esordio omonimo.

Liberato

Si è parlato molto di Liberato, il misterioso cantante napoletano che mantiene il segreto sulla sua identità e ha appena pubblicato il nove maggio il suo disco di esordio omonimo.

Liberato fonde diversi generi musicali all’interno della sua proposta musicale, e come scrive benissimo come suo costume su Internazionale Giovanni Ansaldo,

“ … Liberato è semplicemente un ottimo disco di pop italiano/napoletano, una boccata d’aria fresca per il nostro panorama, anche se a tratti c’è troppo facile romanticismo nei testi…”

Tutto qui ? No c’è molto di più, c’ è dietro Napoli ed un’operazione di marketing che apre nuovi orizzonti in un momento di stasi totale.

Innanzitutto Liberato è Napoli, una città che sembra ovvio ma è uno state of mind, con una scena musicale unica al mondo, che ha prodotto e che produce cose incredibili, da Nu Guinea a Famiglia Discocristiana, dai 99 Posse a Clementino passando per una scuola techno unica al mondo e tantissimo altro.

Liberato non deve essere spiegato attraverso la solita lente dai soliti critici un po’ altezzosi che difendono la bandiera dell’indie quello che dicono loro, deve essere ascoltato perché è un disco potente, con testi che sono realmente popolari e no riproducono mossette hipster, ma sono battiti comuni a tanti.

Personalmente passati i quaranta non pensavo che un disco potesse colpirmi così, magari sono diventato un facilone, ma Gazelle non mi tocca nemmeno di striscio, mentre invece Liberato, con la sciarpa del Napoli ovunque ed un’estetica che potrebbe essere costruita ma che è a suo modo genuina e geniale. Oltre alla musica ci sono le foto, questa decisione di non mostrare il volto di Liberato, e anche la creazione di un’attesa notevole, dosando molto bene le cose sconosciute, che attraggono sempre molto.

La musica poi è fresca, anche se è un qualcosa che per le vie si è sempre ascoltato, perché la musica popolare, quella dei quartieri che hanno poco, è un mainstream altro che qui viene rielaborato diventando un linguaggio che parla al cuore, tratta di amore e tarantelle. Ci sono canzoni molto ben riuscite, altre meno, e ci sono episodi clamorosi come Me Staje Appennen’ Amò con un campione house anni ottanta che lascia a bocca aperta.

Certamente dietro a Liberato c’è anche un’operazione economica, ma fa ridere il fatto che in questo caso viene rimarcato, mentre invece delle marchette clamorose fatte da alcuni caporioni dell’indie nostrano vengono etichettate come coraggiosi tentativi.

Io vorrei fare i soldi come Liberato, facendo musica e video splendidi che sono piccoli film che racchiudono visioni, come quelli che sta facendo uscire il regista Francesco Lettieri.

Sinceramente vedo Liberato come un vaffanculo a tanta intellighenzia italica che sguazza nell’indie come i maiali nel fango, e che francamente ha stufato.

Liberato inevitabilmente creerà divisioni e infinite discussioni, e magari non ci ho capito un  cazzo, ma francamente quando lo sento in cuffia mi passano oltre queste questioni, perché torniamo la discorso di prima, ovvero che bisogna quantificare il grado di purezza della musica che dovrebbe essere alternativa e che invece ha bisogno più di altre del patentino di ascoltabilità.

E questo succede anche in politica, perché se ascoltassimo più Liberato e meno Zingaretti non avremmo un capitano in mezzo alla balle.

Forza Napoli sempre.

 

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