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Recensione : Les Trois Tetons – Songs About Lou

Come di consueto il gruppo, sia pur ancorato alla miglior tradizione rock'n'roll, dimostra la varietà della sua proposta con 15 pezzi che sanno pescare in un ventaglio molto ampio di prestigiose influenze.

Les Trois Tetons – Songs About Lou

Quando si era ragazzini, ormai purtroppo qualche anno orsono, io e Zac (che della band in oggetto è voce,chitarra e armonica) acquistavamo i dischi sui grandi cataloghi per corrispondenza e, per fare in modo di non pagare le spese di spedizione, gli ordini erano cumulativi.

Ovviamente essendo molto giovani i nostri acquisti riguardavano i grandi classici del rock’n’roll e nell’occasione di cui vi sto parlando le mie scelte ricaddero sul primo Velvet Underground e su “Marque Moon” dei Television.
Il pacco era arrivato a casa di Zac e, come era nostra abitudine fare, si ascoltavano prima i dischi degli altri di modo da poterli poi registrare su cassetta.
In questa occasione il mio “socio” mi chiamò subito al telefono (quello di casa, in cui tempi arcaici il cellulare era ancora riservato ad una ristretta cerchia di eletti) per dirmi, con debordante entusiasmo, che gli ellepì che avevo acquistato erano un qualcosa di fantastico!
Penso che il nostro comune amore nei confronti del mai abbastanza rimpianto Lou Reed, sia pur cementato dall’acquisto e dall’ascolto di numerosi album, sia nato quel giorno.
Ora, trascorso qualche anno da quella scoperta, la band di Zac, ma anche di Alberto, Barbon e Daniele, dedica proprio al leader dei Velvet Underground questo suo nuovo album che, se il mio zoppicante inglese non mi inganna, era già stato incentrato sulla sua persona prima che egli morisse.
Come di consueto il gruppo, sia pur ancorato alla miglior tradizione rock’n’roll, dimostra la varietà della sua proposta con 15 pezzi che sanno pescare in un ventaglio molto ampio di prestigiose influenze.
Vi segnalerò quelli che sono i miei pezzi preferiti, raccomandadovi però un ascolto completo ed attento di tutto il disco.
Sul Act 1 si fanno apprezzare: Hey Girl, che ricorda i migliori R.E.M.(quelli di “Document”), inframmezzata da brevi assoli di chitarra che, partendo dalla soavità di CSN&Y, vanno via via accelerando ricordando quelli di John Cipollina; Green Is the Dream, caratterizzata da una malinconia propria del grande Van Morrison, mentre Midnight Crisis e Breaking Point rimandano a Tom Waits, la prima con un blues scombinato, la seconda con una ballad.
Sul Act 2 menzione particolare per I Won’t Be Back for Christmas, che parte con l’acusticità marziale degli Husker Du di “Never Talking To You Again” per poi approdare sui lidi abitati dai Waterboys; Throne Made of Bones fa pensare a Willy Deville e Peculiar rimembra la psichedelia-roots tipica dei Dream Syndicate.
Ahimè, nel citare le ispirazioni delle Trois Tetons ho citato alcuni personaggi che non sono più fra noi, a dimostrazione inconfutabile che, lo si voglia o no, il rock’n’roll sta invecchiando ma, in fondo, chissenefrega: noi che siamo nati e cresciuti con lui abbiamo sempre voglia di ascoltarlo, di viverlo e di suonarlo, in barba alla carta d’identità!

Tracklist:
1. Ouverture
2. Mister Lou
3. Hey Girl
4. Green Is the Dream
5. Midnight Crisis
6. Breaking Point
7. Weeping Willow
8. Leaving
9. I Won’t Be Back for Christmas (feat. Fabio Biale)
10. Asphaltnacht
11. Wide Mouth
12. Throne Made of Bones
13. After the Laughter (feat. Fabio Biale)
14. Peculiar (feat. Fabio Biale)
15. Long Fingered Hands

Line-up:
Zac – vocals, guitar, harp
Barbon – guitar, slide guitar
Alberto – bass guitar, vocals
Davide – drums

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