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Recensione : La battaglia di John Steinbeck, edito da Bompiani

Nel 1933 il presidente degli Stati Uniti d’America Franklin Delano Roosevelt si trovò a dover fronteggiare una crisi disastrosa....

La battaglia di John Steinbeck, edito da Bompiani

La battaglia di John Steinbeck, edito da Bompiani

Nel 1933 il presidente degli Stati Uniti d’America Franklin Delano Roosevelt si trovò a dover fronteggiare una crisi disastrosa, conseguenza diretta del crollo del ’29. Furono anni difficili per l’America e, per la prima volta, occuparsi di letteratura implicò per molti scrittori un impegno sociale fino a quel momento sconosciuto.

A questa nuova generazione di scrittori apparteneva Steinbeck, che in questo romanzo del 1936, narra la storia di uno sciopero di braccianti, del suo fallimento e di uomini che trasformano la propria disperazione in lotta per il riconoscimento dei propri diritti fondamentali. La battaglia è un romanzo di lotte sindacali.

Potrete leggere passaggi come questi:

• V’è capitato mai di lavorare (…) dove tutti parlano di lealtà verso la propria azienda, e lealtà vuol dire spionaggio dei propri dipendenti?

• Niente come la lotta unisce gli uomini tra loro.

• Gli imbecilli credono che si possono domare gli scioperi coi soldati.

• Non fatene una regola, perché spesso crolla, ma di solito quando qualcuno cerca di spaventarvi è segno che ha paura.

• Non c’è altro mezzo per fare che gli uomini aderiscano a un movimento, se non quello di ottenere che ognuno vi porti qualcosa di sé.

• Non potete svegliare che chi vuole essere svegliato.

• Quando i sentimenti sono maturi, si può lottare per qualunque cosa.

• Uno vede come vanno le cose, l’ingiustizia e la miseria, e se ha un dito di cervello tira le sue conclusioni.

• Non credo nulla finché non ho visto.

• (…) tutto sembra difficile quando si è stanchi.

• (…) gli uomini sospettano di chi non parla come loro.

• Un uomo in gruppo non è più se stesso; è la cellula di un organismo, che non è lui come le cellule del vostro corpo non sono voi.

• (…) parlare rende più chiaro il proprio pensiero anche se nessuno ascolta.

• Ho pensato di parlare a costoro e farli parlare; fargli dire che pensano dello sciopero. Credo che la pensino come i padroni hanno ordinato di pensare.

• Gli uomini cambiano molto dopo aver mangiato.

• Gli piace d’esser crudeli, di picchiare, e per questi loro gusti han sempre un nome pronto, patriottismo o difesa della costituzione.

• Quando una folla non fa rumore, quando viene avanti come un sonnambulo allora è tempo di battersela per una guardia.

• Qualcuno ha da schiattare se si vuole che la massa esca una buona volta da questo scannatoio.

• Credo che a volte voi realisti siate la gente più sentimentale di questo mondo.

• Talvolta quando la gente non ne può più, è allora che si batte meglio.

• C’è qualcuno che spera di salvarsi da sé, ma non è possibile se non si salvano tutti.

• Nulla da perdere all’infuori delle catene.

• (…) odiamo il capitale investito che ci tiene schiavi.

• Si è un po’ stufi di uno che ha sempre ragione.

• Non abbiamo armi. Se qualcosa ci capita non lo mettono sui giornali. Ma se succede qualcosa a loro, giù fiumi d’inchiostro. Non abbiamo né denaro né armi, così dobbiamo servirci della nostra testa, vedete? E’ come un uomo con un bastone che debba far fronte a una squadra di fucilieri. La sola cosa che può fare è quella di nascondersi e poi colpirli alle spalle. Forse non è molto leale, ma (…) non siamo in una gara atletica.

• (…) un uomo affamato non è tenuto alle regole.

• (…) la gente lavora bene insieme quando c’è un nemico.

• Se lottiamo, altra gente nelle nostre condizioni lotterà.

• (…) per molti la proprietà è più importante della vita stessa.

Volete capire qualcosa di più di questo libro? Allora sappiate che nel 1936 – anno di uscita del romanzo – l’America è ancora un paese di nomadi disoccupati; gli uomini in cerca di lavoro si spostano da un centro all’altro saltando in corsa da e su i treni merci per non pagare il biglietto, sfidando i bastoni delle guardie ferroviarie; le famiglie si muovo sui camion Ford; la crisi non frena il flusso migratorio verso le città.

A rileggere ai nostri giorni La battaglia, ci pare difficile non ammetterne ancora una volta la forza d’urto, la capacità di coinvolgimento e, soprattutto, l’estrema attualità. Oggi, 2016, ancor meglio dell’altrieri, 1936.

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