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Recensione : King Howl Quartet – King Howl Quartet

King Howl Quartet - King Howl Quartet: Interessante esordio stoner blues per i sardi King Howl Quartet, che dopo la pubblicazione del primo “King Howl EP” e un...

King Howl Quartet – King Howl Quartet

Interessante esordio stoner blues per i sardi King Howl Quartet, che dopo la pubblicazione del primo “King Howl EP” e un anno denso di concerti in giro per l’Italia (alcuni di supporto a band come Tre Allegri Ragazzi Morti, Kina, Uoki Toki, Aucan) si cimentano nella prima prova sulla lunga distanza.

Undici brani, comprese tre cover di classici blues rivisitati (e completamente stravolti), che mostrano senza dubbio una compattezza e un marchio di fabbrica che fanno invidia a molti gruppi della penisola. Immaginate Muddy Waters che suona alla Colour Haze, o un improbabile duetto tra i Soundgarden di Superunknown e Robert Johnson. L’ululato del blues primordiale filtrato in un crossover che ripesca in egual misura dal punk e dall’hardcore, ma le cui strutture ritornano inevitabilmente ai fasti della Memphisanni ’30.
Il disco si apre con una furiosa Mornin’, tra violenti riff alla Led Zeppelin e i Black Keys più duri, una più classica No Flame e la quadratissima cover John the Revelator. La ballabile Get Drunk, con l’inconfondibile voce di John Belushi in apertura, introduce al pezzo più intenso dell’album, Trouble Soon be Over, una rivisitazione sui generis di uno spiritual di Blind Willie Johnson. Definirla cover sarebbe riduttivo, perché il brano viene trasformato completamente in una cavalcata rock sublimata da una magnifica chitarra che strizza l’occhioai Temple of The Dog. It’s the Blues, Baby, vero e proprio manifesto, denota tutta la propensione dei quattro musicisti sardi per la dimensione live, mentre in Nocturne l’ululato si fa greve e rarefatto, duettando con l’incedere della slide guitar in una sorta di preghiera ancestrale e catartica. Slide guitar che, grazie al bluesman Francesco Piu, ospite d’eccezione del disco, esplode in Hard Time Killing Floor, mentre la chiusura dell’album è affidata alle atmosfere rockabilly di Wolfman’s Calling. Un disco ben prodotto da TalkAboutRecords e Reeson Electric Division, non indicato solo ai cultori del genere, ma anche a coloro che vogliono avvicinarsi ad un blues moderno, contaminato da reminiscenze punk, country e hard rock ma anche legato a solide radici ormai centenarie.

TRACKLIST:
1. Mornin’
2. No flame
3. John the Rev.
4. Drunk
5. Trouble Soon be Over
6. My Lord
7. It’s the Blues, Baby!
8. Nocturne
9. Bleedin’ Mouth
10. Hard Time Killing Floor
11. Wolfman’s Calling

King Howl Quartet-King Howl Ep

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