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Recensione : Kevlar Skin – Transmigrator

"Transmigrator" si può considerare un album riuscito anche se, ovviamente, consigliato solo ai fan più devoti al genere.

Kevlar Skin – Transmigrator

Assalto sonoro notevole, quello degli spagnoli Kevlar Skin, ormai da considerarsi veterani della scena brutal del loro paese.

Nato nel 1998, il combo andaluso può vantarsi di una discografia che si compone di tre Ep, due split album e, con questo Transmigrator, tre full length.
Un brutal death senza compromessi, devastante, dai rimandi old school, è quello che ci propone la band anche in questo ultimo lavoro: quaranta minuti scarsi dove, tra ritmiche sparatutto e growls da orco rabbioso, si segue la strada dei maestri Cannibal Corse e compagnia di serial killer, con il solo scopo di violentare amplificatori e casse senza pietà.
Ottime le ritmiche, prese per mano dalla piovra Santi, devastatore di drumkit, e da Sebas al basso, le chitarre (Pedrin e Stanoyewith) seguono il fiume di metallo estremo senza grossi picchi ma con buon impatto mentre l’orco al microfono (Fer) scaraventa odio e violenza sull’ascoltatore con buon effetto.
Tra i brani dell’album, che filano lisci come un rasoio sulla giugulare della vittima di turno, Hardware, Voluntary Extinction e l’accoppiata finale Rebirth From Collapse / La Salvacion Des Las Almas sono gli episodi migliori: infatti, l’album cresce di molto nella seconda parte dove la band varia il sound, imprimendo alle tracce maggior verve ed offrendo un brano death old school dal ritmo cadenzato (La Salvacion Des Las Almas).
Transmigrator si può considerare un album riuscito anche se, ovviamente, consigliato solo ai fan più devoti al genere.

Tracklist:
1.Dawn of a Nation
2.Breed of Salvation
3.Self Proclaimed God
4.Transmigrator
5.Hardware (M.A.R.K. 13)
6.Voluntary Extinction
7.Flatline Famine
8.Rebirth from Collapse
9.La Salvacion de las Almas

Line-up:
Fer – Vox
Stanoyewith – Guitar
Santi – Drums
Pedrin – Guitar
Sebas – Bass

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