Questo testo (troppo lungo, scusate) è stato pensato e scritto in maniera intermittente originalmente in inglese durante mesi, principalmente in Italia ma in parte in Germania, nella seconda metà del 2019. In questi giorni di quarantena, in cui mi trovo nel nord-ovest della Spagna, da solo e senza wifi, ho deciso di tradurlo in italiano.
Il punto di partenza di questo testo si trova a dire il vero in altre teste e in un Paese lontano, precisamente il Brasile. Qualche mese fa, avevo guardato il primo episodio della nuova stagione di Panelaço, il programma YouTube di João Gordo sulla cucina vegana:
. L’ospite principale era il graffittaro paolista Mundano, che deve la sua fama, tra le altre cose, alla sua protesta del 2016 alla cerimonia della torcia olimpica (link) e alla sua polemica del 2017 con il sindaco di São Paulo, João Dória (link). L’altro ospite era Rodrigo Lima, il vocalist dei veteran dell’hardcore punk Dead Fish che, mentre cucinava una feijoada vegana, ha presentato il nuovo album della band, intitolato –appunto- Ponto Cego (‘Punto Cieco,’ se non l’avete ancora ascoltato, vi consiglio di farlo: ottima musica e ottimi testi. Capita di rado di sentire gente che dice così tante cose di buon senso.
Le tre persone nella cucina hanno affrontato un’ampia gamma di temi riguardanti questioni di natur sociale, politica, ambientale ed economica, a livello tanto ‘micro’ quanto ‘macro’, ma in un’atmosfera giocosa e allegra. La forza dell’espressione ‘punto cieco’ (brillante l’idea di inserire il sintagma nei testi di ogni canzone del disco, senza però dare il titolo a nessuna) è stata per me spunto di riflessione durante i mesi successivi.
Poco più tardi, altra ispirazione è stata fornita dall’intervista del Gordo con il rapper Eduardo Taddeo (ex Facção Central), che ha sollevato diversi punti pertinenti, in particolare riguardo alla lotta di classe che, no, non è quella portata avanti dagli oppressi contro gli oppressori ma precisamente il contrario: la spietata guerra portata avanti dai ricchi, dalla classe media e perfino dalla ‘classe operaia’ (in senso ampio) contro i più poveri, i più deboli e i più disperati.
E tutto questo parlare di un Brasile che non si conforma allo stereotipo carnevalesco del Paese che abbiamo in Europa mi ha riportato al 1997 e alla prima volta che ho ascoltato la cassetta registrata dell’album “Roots” dei Sepultura.
Questa verbosissima column può, pertanto, essere vista come il culmine di un ciclo euro-brasiliano diffuso su 23 dei 36 anni della mia vita ed in un certo senso rappresenta l’opportunità di riflettere su esperienze fatte e lezioni (spero!) apprese nell’arco di questo lungo periodo.
ACCECATI DALLA PAURA
La paura é un grosso business. Basti chiedere a qualunque content writer, copywriter, o chiunque si guadagni da vivere con il marketing quali bottoni cercano di premere nella gente quando scrivono i testi promozionali. Menzioneranno sicuramente questi due elementi: la ricerca del piacere e la paura del dolore. Questi sono i fattori che guidano la maggior parte delle nostre decisioni di acquisto.
Entrambi sono importanti, ma la gerarchia è chiara: se i due entrano in contatto, é sempre la paura ad avere la precedenza. Io credo che l’egoismo, l’egocentrismo, l’indifferenza, ecc. siano tutti effetti collaterali: le società occidentali sono dominate della paura. La paura del fallimento, dell’inadeguatezza, del rifiuto. La paura muove montagne di soldi. Considerate semplicemente quante pubblicità lá fuori potrebbero parafrasarsi semplicemente come “Amico, da solo non ce la fai. Tuttavia, se ci dai un sacco di soldi, lo risolviamo al posto tuo”. Ad esempio, prima di scrivere questa column, ho voluto fare la prova con diversi seminari online e posso dire che, mentre alcuni sono davvero utili, c’è pieno di specchietti per le allodole. Tuttavia, hanno successo perché fanno leva sulla paura.
Lo stesso vale per i politici: abbiamo visto negli ultimi anni referenda ed elezioni vinte diffondendo paura sulle reti sociali. Brexit, Trump, Salvini, Bolsonaro hanno vinto prima di tutto mentendo e terrorizzando la gente su Twitter (approfittando, chiaramente, della mentalità da branco del tipo “non pensare, condividi e basta” tipica di troppi utenti dei social media.
Di conseguenza, alla radice della mia column c’è l’idea che la paura stia alla base di molti (anche se forse non tutti) i punti ciechi della nostra società.
Le mie riflessioni seguenti abbracceranno sia il livello individuale sia quello collettivo, che tendono in parte a riflettersi l’un l’altro. Tutti noi abbiamo una dimensione “io” e una dimensione “uno di noi”, che in parte si sovrappongono ma in parte divergono. Se vogliamo ipersemplificare, potremmo dire che il primo è il nostro vero essere, che solo noi possiamo vedere (anche se spesso ci manca il coraggio di guardare).
Il secondo, invece, è il nostro essere pubblico, quello che aderisce a dei “codici” (di comportamento, di abbigliamento, ecc.) per essere parte di qualche tipo di “noi”, un gruppo di persone. Tutti siamo parti di molteplici gruppi di persone, ognuno dei quali normalmente ha i suoi codici. Questo è molto importante perché i punti ciechi che affronterò ora hanno ache fare con tutti i livelli: il livello “io”, che è quello strettamente individuale, il livello “noi”, quello collettivo ed il livello “uno di noi”, che effettua una specie di mediazione tra i due citati anteriormente.
Prima di andare avanti, c’è un nodo molto importante che vorrei esplicitare: se qualche volta suono troppo “tranciante”, vi prego di non interpretare in questo senso le mie parole: non sono qui per condannare nessuno; infatti, se ho potuto identificare questi punti ciechi è solo perché sono stati parte di me per molto, moltissimo tempo (e, probabilmente, non me ne sono liberato ancora del tutto).
2 Comments
marco valenti
Posted at 18:29h, 29 Marzodevi essere tranciante se fai un’analisi altrimenti resti vago e non ci fai capire dove ci vuoi portare sul piano del ragionamento
non deve essere un pezzo politicamente corretto
deve essere efficace e comunicativo
vai avanti tranquillo
Enrico Torre
Posted at 21:49h, 31 MarzoMolte grazie per il commento, Marco, piacere di conoscerti. Sì, spero il risultato finale sia interesse.