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Recensione : Grinderman – Grinderman/Grinderman II/RMX

Sono già passati ben venti anni dalla nascita dei Grinderman, e quest’anno, in occasione della ricorrenza in cifra tonda, la Mute records ha ristampato tutta la discografia del progetto, che consta di due album omonimi – col secondo marchiato dal numero “2” per una questione di comodità – e un terzo, “RMX“, composto da rielaborazioni dei brani di “Grindeman 2“.

Ma chi sono/erano i Grinderman? E’ presto detto: dietro questo moniker – che prendeva spunto da una canzone del bluesman Memphis Slim – si cela(va)no nientepopòdimeno che Nick Cave e i suoi Bad Seeds (e infatti, in principio, il side project era provvisoriamente chiamato “Mini Seeds”) “asciugati” in una line up a quattro elementi, e l’idea nacque al frontman Cave durante la fase di scrittura dell’album “Abattoir Blues/The Lyre of Orpheus” dei Bad Seeds, e coinvolse il fido polistrumentista Warren Ellis, il bassista Martyn P. Casey e il leggendario batterista Jim Sclavunos (all’opera anche con Teenage Jesus and the Jerks, Cramps, Sonic Youth, TAV Falco’s Panther Burns e altre rumorose delizie) con la composizione di materiale elettrico più spigoloso e ruvido, nel desiderio di dare sfogo all’anima più viscerale e “disfunzionale” dei Bad Seeds, e avvicinarsi allo spirito artistico anarchico e dissoluto dei Birthday Party, precedente esperienza sonora del Cave più ruspante e “apocalittico”.

I nostri si ritrovarono, nel 2006, a Londra, per delle sessions-maratona di quattro giorni sotto la guida del produttore Nick Launay, e pubblicarono l’album omonimo l’anno successivo. “Grinderman” soddisfava l’esigenza di dare vita a un suono più crudo e primitivo rispetto alle atmosfere raffinate dei Bad Seeds di allora (e che, nel corso degli anni a venire, e fino a oggi, si sono ulteriormente alleggerite e allontanate dal (post)punk/garage/blues/goth rock che aveva caratterizzato i loro primi, selvaggi lavori) e vedeva, per la prima volta, Nick Cave non solo al canto, ma anche alla chitarra, a irrobustire un sound garage/alternative rock sospinto dai trascinanti singoli “Get it on” e “No pussy blues” , le dissonanze di “Electric Alice“, i sussulti Stoogesiani di “Depth charge Ethel“, gli scossoni di “Honey bee (let’s fly to Mars)” e martellanti sarabande garage rock (nella conclusiva “Love bomb“) alle quali facevano da contrappunto l’oscura e “minacciosa” title track, suggestioni da crooner (“Go tell the women“) essenzialismi (“Man in the moon“) e i tormenti di “When my love comes down” e “(I don’t need you to) set me free” (i pezzi più BadSeedsiani del lotto).

Tre anni dopo il convincente debutto, nel 2010, arrivò il seguito: “Grinderman II“, con la stessa formazione e ancora una volta prodotto da Launay. Il disco riprendeva, grosso modo, le coordinate sonore dell’opera precedente, rendendo, al contempo, la struttura delle canzoni più “matura”, elaborata e rifinita. L’alter ego degenerato dei Bad Seeds tornava a ruggire aprendo il platter con “Mickey Mouse and the goodbdye man“, una sorta di trasposizione del caos dei Birthday Party nel nuovo millennio, e della stessa pasta era fatta anche “When my baby comes“; il grintoso singolo “Worm tamer” graffiava l’aria, il blues rock trasfigurato dal gospel laico pagano ad altezza “The firstborn is dead” o “Tender prey” (dei Cattivi Semi) pervadeva l’altro singolo “Heathen child“, “Evil” e “Kitchenette“, la sulfurea e sordida “What I know” rievocava certe fragranze Doors-iane, la StonesianaPalaces of Montezuma” unico momento più accessibile – comunque un gioiello pop di discreta fattura – del full length, prima della fragorosa chiusura col mantra acid rock distorto di “Bellringer blues“. Nel 2012 il long playing fu oggetto di remix, e “Grinderman 2 RMX” vide artisti di varia estrazione (da Robert Fripp agli A Place To Bury Strangers, da Josh Homme a Barry Adamson, da Andrew Wheaterhall a Nick Zinner, dagli UNKLE ai Cat’s Eyes) cimentarsi in rifacimenti delle tracce originarie del secondo “Grinderman”, ai quali venne aggiunto una versione demo del brano “First evil“, altro marasma di rock ‘n’ roll abrasivo.

I Grinderman – salvo una fugace reunion avvenuta nel 2013 – si sono “sciolti” nel 2011 dopo un concerto in Australia, ma il “Re Inchiostro” Cave, nonostante ciò, ha lasciato ancora una porta aperta, rispondendo qualche anno fa a una domanda dei fan sul suo sito web/blog, annunciando ufficiosamente che, prima o poi, a “Grinderman 2” potrebbe seguire un ritorno e un nuovo capitolo, a completamento di una trilogia. In attesa di un futuro “Grinderman 3”, ci si accontenta di godere di queste reissues la cui finalità è quella di riportare sotto la lente d’ingrandimento l’acclamato catalogo della band, per i fan di lunga data e per una nuova generazione di ascoltatori. Tra questi solchi è/era documentata la voglia di Cave e soci di ritornare a un sound più spartano, senza curarsi troppo della forma, mettendo da parte i barocchismi e dando spazio al gusto per il cazzeggio: ad oggi restano queste le ultime vere incursioni rock ‘n’ roll del Grand Lord of Gothic Darkness australiano.

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