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Recensione : Germinal Di Emile Zola

Quando nel 1885 fu pubblicato Germinal, Zola venne accusato di calunniare i minatori, protagonisti di questo romanzo.

Germinal di Emile Zola

Germinal Di Emile Zola

Germinal di Emile Zola

“Germinal” di Emile Zola, edito da Newton Compton

Quando nel 1885 fu pubblicato Germinal, Zola venne accusato di calunniare i minatori, protagonisti di questo romanzo. Ma tra accuse e consensi ben presto il libro conquistò i francesi.

Con Zola il romanzo moderno acquistava un nuovo protagonista, il proletariato, e non a caso.

Era infatti inevitabile che uno scrittore che aveva già saputo dipingere la società borghese del suo tempo, cercasse, da indagatore attento e minuzioso qual era, di aderire alla storia, affrontando il grande tema del rapporto padroni-operai.

Potrete leggere passaggi come questi:

• (il curato) Era un uomo di carattere dolce, che cercava di vivere in pace con tutti, facendo di tutto per non occuparsi di nulla, e non urtare négli operai né i padroni.
• Non metteva pane nella madia dare il voto a quella gente che poi si dava bel tempo pensando ai poveri come ai loro stivali vecchi.
• Vedi, io per la giustizia darei tutto, il bere e le donne. Non c’è che una cosa che mi scaldi il cuore, il pensiero che spazzeremo una buona volta la borghesia!
• (…) se fosse almeno vero quanto ci raccontano i preti, se i poveri di questo mondo fossero ricchi nell’altro!
• Quando si vive come bestie, a capo chino, è pur necessario un angolo di menzogna, dove uno si diverta a regalarsi quelle cose che non potrà mai possedere.
• Non siete forse un azionista (…)? Voi non fate niente e vivete sul lavoro degli altri. Infine siete l’infame capitalista, e tanto basta… state sicuro che, se la rivoluzione sociale trionfasse, vi costringerebbe a restituire il vostro denaro come se fosse rubato.
• Quando si è dalla parte della ragione si sa essere anche coraggiosi (…).
• (…) spesso non si fa il male solo perché mancano le occasioni.
• Per lei, tutte le autorità, tutti i padroni erano gendarmi, termine questo di disprezzo generale, con cui designava i nemici del popolo.
• Distruggere tutto… Non più nazioni, non più governi, non più proprietà, non più Dio né religione.
• Quel che mi dà fastidio sono i vili che guardano senza far niente, mentre noi rischiamo la nostra vita.
• (…) erano il suo vestito di seta, il suo mantello di pelliccia, perfino la piuma bianca del suo cappellino, che esasperavano la folla. Era profumata, aveva un orologio, la pelle fine, da fannullona, che non aveva mai toccato il carbone.
• Con tutte e due le mani grattava la terra, ne prese due manciate e (gli) riempì con violenza la bocca (…). “Prendi! mangia dunque!… Prendi! mangia, mangia, tu che mangiavi noi!”. Le ingiurie raddoppiarono, mentre il morto, steso supino, guardava, immobile, con gli occhi fissi, il cielo immenso dal quale scendeva la notte. Quella terra di cui aveva piena la bocca era il pane che egli aveva rifiutato. Non avrebbe mangiato che di quel pane ormai. Non gli aveva portato fortuna affamare la povera gente.
• L’abate (…) trovava delle scusanti alle scelleratezze degli scioperanti, attaccava violentemente la borghesia sulla quale rigettava ogni responsabilità. Era la borghesia, che, spossessando la Chiesa delle sue antiche libertà, per servirsene lei stessa, aveva fatto di questo mondo un luogo maledetto d’ingiustizia e di dolore, era lei che prolungava i malintesi, che spingeva ad una catastrofe spaventosa, col suo ateismo, rifiutandosi di ritornare alla fede, alle tradizioni fraterne dei primi cristiani.
• Egli camminava, pensando a quei soldati, presi in mezzo al popolo, e armati contro il popolo. Quanto sarebbe stato facile il trionfo della rivoluzione se l’esercito si fosse d’un tratto schierato dalla sua parte. Bastava che l’operaio, che il contadino, nella caserma, si ricordasse della sua origine. Era il pericolo supremo, il grande spavento che faceva battere i denti ai signori, ogni volta che pensavano ad una possibile defezione delle truppe.
• Si può non avere le stesse idee e stimarsi lo stesso.
• Non sarete mai degni della felicità, finché possiederete qualche cosa, finché il vostro odio contro i ricchi proverà soltanto il desiderio d’esser ricchi al posto loro.
• Che cosa orribile che dei poveri diavoli si uccidessero fra loro per colpa dei ricchi!
• Il piacere di vivere se ne va quando se n’è andata la speranza…
• (…) non si può ricostituire il mondo in un giorno. Quelli che vi hanno promesso di cambiare tutto ad un tratto, sono dei millantatori, o dei mascalzoni.
• (…) non era una vita possibile quella d’aspettare inerti delle cose che si sarebbero realizzate forse fra cento anni.

Volete sapere qualcosa di più di questo libro?

Per scrivere questo romanzo, Zola vivrà con i minatori, scenderà nei pozzi insieme con loro, si documenterà con la solita cura sulla loro vita e sulle loro aspirazioni; è durante questa esplorazione che s’imbatterà concretamente nel socialismo. Germinal è il viaggio nel paese delle miniere.

Marco Sommariva

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