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Recensione : Europe – War Of Kings

La band che negli anni 80 ha fatto innamorare migliaia di ragazzine si è trasformata definitivamente in una macchina hard blues spettacolare.

Che qualcosa fosse cambiato nell’idea di fare musica dei cinque musicisti scandinavi, conosciuti in tutto il mondo come Europe, lo si era capito già dal precedente Bag Of Bones e questo ultimo e, diciamolo, bellissimo, War Of Kings non fa che confermare la strada intrapresa dalla band: suonare quello che le piace.

D’altronde un gruppo che negli anni ottanta ha venduto milioni di album, diventando un icona del metal melodico del vecchio continente, può tranquillamente permettersi il lusso, dopo più di trent’anni, di fare musica principalmente per se stesso e allora ecco che le influenze settantiane, uscite prepotentemente sul precedente lavoro, in War Of Kings diventano le principali “colpevoli” di un songwriting incentrato sul meglio che quel magico decennio ha regalato in campo hard rock, racchiudendolo in una dozzina di brani grondanti blues rock di qualità elevata.
A qualcuno magari sfuggì che, nel 2010, John Norum diede alle stampe uno dei più riusciti lavori dell’anno tra quelli incentrati sulla musica del diavolo (“Play Yard Blues”) dell’anno; questo, per ribadire quanto questo nuovo corso della band non sia poi così sorprendente per chi ha continuato, invece, a seguire le vicende dei protagonisti, ed il nuovo album ribadisce la scomparsa definitiva dei cinque alfieri dell’hair metal ottantiano, rinati sotto le spoglie di una creatura che si nutre di hard rock sanguigno, caldo, estremamente passionale, perdendosi in danze sabbathiane, rivestendosi di porpora e volando su dirigibili zeppeliniani, in un crescendo entusiasmante.
Prodotto da Dave Cobb (Rival Sons) l’album ne vien fuori energico, toccando vette altissime quando il groove prende in mano i brani; da pelle d’oca nella title track la prova di un Tempest in formato Ronnie James Dio, alle prese con brano sabbathiano fino al midollo, bissato da una Hole In My Pocket elettrizzante e purpleiana.
Si salpa sul dirigibile più famoso della musica rock con le ritmiche di Second Day, per arrivare ad una delle canzoni migliori del lavoro: Praise You, blues britannico tra Deep Purple e Led Zeppelin, prova straripante di un Tempest sopra le righe e assolo da brividi che anticipa un finale in uno splendido crescendo.
Non esiste pausa, si riesce a prendere respiro solo tra un brano e l’altro: la band, infatti, rifila una scaletta esaltante mettendo in mostra ora una sezione ritmica che pesta alla grande sui propri strumenti, ora un chitarrismo ispiratissimo, accompagnato dalle tastiere di un Michaeli che più devoto di così allo stile di Jon Lord non si può e, su tutti, la prova del singer che, come il vino, migliora più passano le primavere.
Nothin To Ya, Days Of Rock’N’Roll, Rainbow Bridge, dall’andamento che ricorda una certa “Kashmir”, fanno ancora salire brividi lungo la schiena, viaggiando spedite verso la conclusione di un album semplicemente straordinario.
Gli Europe di “The Final Countdown” e “Out Of This Worl” non esistono più già da un bel pezzo: la band che negli anni 80 ha fatto innamorare migliaia di ragazzine ai primi pruriti, si è trasformata definitivamente in una macchina hard blues spettacolare, perciò chiudete i pregiudizi in un cassetto e tuffatevi in questo clamoroso lavoro.

Tracklist:
1. War Of Kings
2. Hole In My Pocket
3. Second Day
4. Praise You
5. Nothin’ To Ya
6. California 405
7. Days Of Rock n Roll
8. Children Of The Mind
9. Rainbow Bridge
10. Angels (With Broken Hearts)
11. Light It Up
12. Vasastan (Instrumental)

Line-up:
Joey Tempest – Voce
John Norum – Chitarre
John Leven – Basso
Mic Michaeli – Tastiere
Ian Haugland – Batteria

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