Minimalismo puro.
“Unknow Language” è raffinato minimalismo ambientale.
Pachidermico, nei suoi circa quarantadue minuti; assurdo, nel suo essere lo scheletro di un’opera techno; ipnotico e rilassante nella sua garbatezza.
Asettico: a partire dalla copertina, l’impressione è quella dell’incontaminazione, come se un androide avesse deciso di musicare diversi momenti della sua attività.
Sebbene nè sconsigli l’ascolto ai deboli di cuore credo che chiunque, nessuno escluso, possa fruire di quest’opera “anti-musicale”. la classe di Eniac, la consapevolezza di ciò che si sta creando, in alcuni brani è evidente, palese. La voglia di cedere all’elettronica spiccia invece è assolutamente assente.
Qua si fa minimalismo o si muore. Non ci sono alternative.
Siamo nel ventunesimo secolo, tutto è macchine, le macchine sono tutto; questo è un inno ad arrendersi ad esse.
Vorrei avere una mostra d’arte per usare questo disco come sottofondo.