Ora, con Era, sembra che la band di Chicago abbia deciso di fare un passetto indietro. E di tornare ad immergersi (senza più Pete Shelley alle pelli, sostituito da un più tranquillo Noah Leger) in quella melma di post-punk minimale ed oscuro che ottundeva “Lux” e “Guider”. A parte il noise rock dell’iniziale Girl, unico pezzo che riporta alla mente l’elettricità del precedente album (ma senza convincere), i Disappears scolpiscono la materia sonora di Era a suon di post-punk e minimalismo dark, in una sorta di terrifico amplesso tra i maestri di sempre Fall, i primi Liars, e i Joy Division. Una cosa interessante sulla carta, ma molto meno alla prova dei fatti.
Volendo essere buoni: la scrittura è (in parte) più a fuoco che in passato, la band sembra padrona dei propri mezzi e – soprattutto – la produzione di John Congleton (il produttore dell’ultimo album dei Black Angels, tanto per dire) ha aiutato a tirar fuori il miglior suono possibile, rotondo e graffiante. Volendo essere cattivi: il disco suona terribilmente noioso per la maggior parte dei suoi 40 minuti.
Catapultano l’album oltre la misera sufficienza il sinistro post-punk di Power, la title-track, una bella ballata oscura che si scioglie in una contagiosa melodia indie, e Weird House, costruita su un bel riff di chitarra, che all’occorrenza sostituisce un altrimenti tedioso ritornello. Il resto? Ultra è noia allo stato puro, un pezzo di ghiaccio che ripete patterns melodici e oscuri sermoni per nove interminabili minuti. Elite Typical è anche peggio, perché promette esplosioni di stelle e comete e mai le concede, lasciando l’ascoltatore a cuocere lentamente sulla brace appena viva. Meglio non parlare, poi, della conclusiva New House. C’è solo da sperare che i Disappears non abbiano deciso di traslocare definitivamente da queste parti.
Tracklist:
1. Girl
2. Power
3. Ultra
4. Era
5. Weird House
6. Elite Typical
7. New House
Line-up:
Brian Case – chitarra, voce
Jonathan Van Herik – chitarra
Damon Carruesco – basso
Noah Leger – batteria
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