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Recensione : Dealma – Ritual

La Sardegna come Seattle negli anni ‘90? Forse è un'esagerazione, ma la qualità di molti lavori è talmente elevata che davvero si ha l'impressione di una scena underground fertilissima.

Dealma – Ritual

Lo scorso anno mi avvicinai alla scena rock sarda grazie ad un album che finì sulla mia playlist rock/hard rock e che ancora oggi gira nel mio stereo, appena ho il tempo di dedicarmi ad ascolti che non siano per “lavoro”.
“Cleo” degli Swallow My Pride mi rapì completamente, quale bellissimo esempio di rock alternativo maturo e di una personalità unica, influenzato certo dalla scena di Seattle, ma sfido chiunque a trovare un album che non abbia dentro di sé un po’ del background dei musicisti coinvolti.
A distanza di un anno mi ritrovo tra le mani “Judas Kiss” degli hard rockers Breakin’ Down, già recensito ottimamente su queste pagine, scoprendo che il bassista Simone aveva collaborato a “Cleo” con il suo strumento su uno dei brani cardine di quel lavoro, “Immigrants”.
Con piacere e sorpresa, dedicandomi a questo bellissimo Ritual, scopro ancora che il vocalist Giuseppe Mura ha prestato la sua voce su un’altra perla di quel disco, “Oceans”.
La Sardegna come Seattle negli anni ‘90? Forse esagero, ma la qualità di questi lavori è talmente alta che davvero si ha l’impressione di una scena underground molto fertile, ed il bello che le band non si assomigliano per niente, ognuna con la sua strada da seguire, fatta di stili agli antipodi racchiusi sotto un’unica bandiera, quella del rock: d’altronde, cosa avevano di simile i Soundgarden con i Nirvana o gli Alice in Chains con i Pearl Jam, più di vent’anni fa?
Veniamo ai Dealma ed inoltriamoci nel loro lavoro: la band nasce una decina di anni in quel di Olbia, ma arriva al debutto solo nel 2012 con l’album 13.
Ritual si compone di nove brani di musica senza confini, partendo da una base grunge/alternative, fortemente infuenzata dalla scena di Seattle e dai Soundgarden, ma solo per via del tono vocale del singer, a tratti simile a Chris Cornell, specialmente quello solista, come nella ballad Love Without Mouth.
L’album parte a razzo con la canzone più ordinaria del lotto, The Thousand Reasons, ma già dal secondo brano, Premonitions, ecco che il combo esce dagli schemi e ci rifila un funky uscito direttamente da casa Motown, rock nel senso più selvaggio, con fondoschiena che non hanno nessuna voglia di fermarsi e inibizioni a quel paese.
Vital Stones salta negli anni ottanta e nel pop statunitense, qualche accenno all’elettronica e ritmiche grasse (straordinario il lavoro della sezione ritmica, composta da Manuel Dettori al basso, Claudio Pinna alle pelli e Carlo Mazzoccu alle percussioni), per tornare al funky con il basso protagonista di una performance alla Flea in D.S.S.: le linee vocali rimangono straordinariamente melodiche, in contrasto con le ritmiche, e solo nel ritornello Mura graffia da par suo.
Basso stoner ed elettronica per Belief Valley, tra Kyuss e Nine Inch Nails, mentre la title track è una ballad desertica, con le ottime linee di chitarra del buon Andrea Pica per un brano ricco di pathos psichedelico e southern.
Audioslave e Red Hot Chili Peppers aleggiano invece sull’elettrizante Seasons, mentre dopo la ballad Love Without Mouth si torna allo stoner, violentato dalle scariche elettroniche della conclusiva Another Passenger.
Le influenze ci sono e si sentono, ma quando sono supportate dal talento e da un songwriting per nulla scontato, ascoltando un album come questo le sorprese certo non mancano e se cercate un cantante notevole, eclettismo a palate e musicisti sul pezzo, Ritual è l’album rock che fa per voi.
La Sardegna cone Seattle? Perchè no?

Tracklist:
1.The Thousand Reasons
2.Premonitions
3.Vital Stones
4.D.S.S.
5.Belief Valley
6.Ritual
7.Seasons
8.Love Without Month
9.Another Passenger

Line-up:
Andrea Pica: Chitarra
Giuseppe Mura: Voce
Manuel Dettori: Basso
Claudio Pinna: Batteria
Carlo Mazzoccu: Percussioni

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