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Recensione : DAVIDE PANSOLIN – VELENO SOTTILE

Di questo, e tanto altro, si può leggere nel libro "Veleno sottile: la storia degli Screaming Trees", edito da Tsunami Edizioni, che può essere descritto, a tutti gli effetti, come una prima biografia ufficiale sulla band di Ellensburg, autorizzata dai fratelli e membri fondatori Conner

DAVIDE PANSOLIN – VELENO SOTTILE

Gli Screaming Trees sono stati un quartetto proveniente da Ellensburg, piccola cittadina rurale redneck non lontana da Seattle, ma distante anni luce dall’universo del rock ‘n’ roll e dalle sue grandi capitali anglofone (New York, Londra, Liverpool, Manchester, Los Angeles, San Francisco) e quindi vale a dire un posto situato in culo al mondo, dal quale, però, in modo assolutamente inaspettato, sono sbucati fuori, nella prima metà degli anni Ottanta, quattro musicisti a loro modo geniali e con caratteri e personalità assolutamente diverse tra loro: i fratelli Conner (Van al basso/cori e Gary Lee alle chitarre e voce, il frontman Mark Lanegan e il batterista Mark Pickerel (in seguito rimpiazzato da Barrett Martin) ragazzi che, dai coetanei a scuola e dai bifolchi benpensanti del paesello, venivano guardati male e considerati dei poco di buono, tipi strani dai quali stare alla larga, alla stregua di classici nerd sfigati, (post)adolescenti di venti anni, insicuri sul proprio talento di musicisti, con una grande passione per il rock ‘n’ roll, l’heavy rock e la psichedelia dei Sixties (i fratelli Conner) e per il punk e post-punk (Lanegan in particolare) che sfogavano facendo pratica nel retrobottega del negozio di videonoleggio della famiglia Conner, adibito a sala prove, ma che mai avrebbero immaginato di mettere insieme una band e riuscire a lasciare, un giorno, lo squallore e la mediocrità del contesto provinciale white trash di Ellensburg per andare a suonare in giro per il mondo, eppure sono riusciti nell’intento e hanno realizzato il proprio sogno di diventare musicisti a livello professionale, provando a ripetere le gesta dei loro idoli musicali, partendo dal nulla e senza l’aiuto di nessun santo in Paradiso, contando solo sulle proprie forze per almeno tre lustri (e, nel caso del frontman Lanegan, per tutta la vita, purtroppo tragicamente interrottasi, in modo prematuro, il 22 febbraio di quest’anno, a causa dei postumi del covid-19).

Gli Screaming Trees sono sempre stati visti come dei “perdenti di successo”, mai completamente assorbiti da una scena ben definita, pur essendo geograficamente vicini alla Seattle del boom del movimento “grunge” di inizio anni Novanta, contesto al quale i Trees vennero inevitabilmente associati (e considerati tra i “precursori”, avendo iniziato nel 1985) a livello mediatico, nella speranza (da parte di chi aveva investito su di loro, cioè la Epic Records, dal 1990 in avanti) di farne un traino commerciale per promuovere gli album usciti su major (inclusa la loro partecipazione alla colonna sonora del cult movie di Cameron Crowe, la commedia sentimentale “Singles: l’amore è un gioco” del 1992, ambientata a Seattle e caratterizzata da comparsate recitative e sonore di gente del calibro di Pearl Jam, Alice In Chains e Chris Cornell) ma il grande riconoscimento planetario, in termini economici e di fama, non è mai arrivato, nonostante la loro formula sonica (una riuscita miscela di punk, hard rock dei Seventies e psichedelia sessantiana) avesse tanti punti in comune con le formazioni del famigerato “Seattle Sound” (e tenendo anche in conto il fatto che avessero anche suonato in tournée insieme agli Alice In Chains, senza contare gli elogi di Kurt Cobain e la sua amicizia con Lanegan) e da alcuni sono sempre stati considerati una band che ha galleggiato, per diversi anni, nel limbo tra underground e mainstream: troppo “famosi” per essere considerati ancora un gruppo di culto, dopo il grande salto avvenuto nei primi anni Novanta, dopo un primo svezzamento alla Velvetone Records e, in seguito, l’abbandono della SST Records, col successivo passaggio su una major (la Epic) che aveva comunque prodotto un successo commerciale e di massa piuttosto modesto (se rapportato ai numeri da capogiro raccolti dai colleghi Nirvana, Alice In Chains, Pearl Jam e Soundgarden) con gli album “Uncle Anesthesia” e “Sweet Oblivion” (senza contare “Dust”, uscito nel 1996, quando i riflettori sul grunge si erano quasi spenti del tutto) e troppo poco “appariscenti” per risultare mediaticamente appetibili (ognuno vestiva in modo diverso dall’altro, non avevano una “divisa” di abbigliamento ufficiale nella quale la massa modaiola di teenagers potesse identificarsi, due fratelli esteticamente impresentabili per il marketing pubblicitario, con evidenti problemi di peso corporeo, e un cantante problematico, alle prese con seri problemi di droga… ma come insegna l’estetica slacker dei Dinosaur Jr. e di J Mascis, è proprio quello il bello dell’essere losers, no?) ed essere rivenduti come next big thing del “grunge” al grande mercato delle vacche dell’industria discografica, all’epoca alla costante ricerca dei “nuovi Nirvana”, nonostante l’esposizione mediatica dei videoclip dei loro brani, spesso trasmessi in rotazione su MTV, e alla fine ne è uscita con le ossa rotte, chiudendo per sempre l’avventura il 25 giugno del 2000, ma godendo di un’ampia rivalutazione nei successivi vent’anni dal suo scioglimento ufficiale, con parecchi gruppi che citano, tra le proprie influenze, la musica degli Screaming Trees e di Mark Lanegan.

Cosa è andato storto? Forse la loro commistione sonora (il crossover “grungedelico” tra punk, heavy rock, folk e psichedelia, che era in voga anche nella scena “desertica” stoner rock californiana, a Palm Beach) era troppo avanti per i tempi e non è stata pienamente capita e apprezzata? Di certo non hanno aiutato anni di conflitti e demoni interiori, problemi economici, pesante dipendenza da alcool e droghe e screzi personali, un mix letale che, a lungo andare, ha lacerato i rapporti personali tra i membri del combo e ha portato i Trees alla dissoluzione, e non alla gloria imperitura nel mondo del rock ‘n’ roll in generale, e dell’alternative rock in particolare.
Di questo, e tanto altro, si può leggere nel libro “Veleno sottile: la storia degli Screaming Trees“, edito da Tsunami Edizioni, che può essere descritto, a tutti gli effetti, come una prima biografia ufficiale sulla band di Ellensburg, autorizzata dai fratelli e membri fondatori Conner (con un ruolo fondamentale giocato dal chitarrista Gary Lee Conner, inesauribile fonte di aneddoti, ricordi e riflessioni sulla storia del gruppo, e che ha anche curato la prefazione del volume) scritta in italiano da un autore italiano (e questo è senz’altro motivo di orgoglio) Davide Pansolin, scrittore e fanzinaro appassionato di rock che vanta collaborazioni con testate come Rockerilla e Rumore (nonché creatore, negli anni Novanta, delle fanzine “Snort”, “Vincebus Eruptum” e “Acid Beans”) e gestore dell’etichetta discografica indipendente Vincebus Eruptum, che tra l’altro ha anche pubblicato alcuni tra gli ultimi lavori solisti di Gary Lee Conner.

Il libro, che presenta una bellissima copertina, raffigurante una foto degli Screaming Trees deformata col fisheye effect e grafica psichedelica, è corredato da inedite e suggestive immagini dei musicisti in bianco e nero, e raccoglie una serie di testimonianze esclusive e resoconti di prima mano (fornite soprattutto da Gary Lee Conner, autentico mattatore, e dal fratello Van, che si sono prodigati con i mezzi offerti dalle nuove tecnologie per avere un contatto diretto con l’autore del volume) sulle vicissitudini e le peripezie che hanno contraddistinto l’epopea del quartetto, sia sopra, sia sotto i palchi (restituendo a Gary Lee il ruolo di deus ex machina nella parabola del gruppo) con minuziose analisi degli album e altro materiale prodotto dai nostri (e a detta di chi scrive, il disco preferito degli Alberi Urlanti è “Invisible Lantern“).
Dopo una fantasiosa ricostruzione, operata da Pansolin, ipotizzata sulla nascita della band (colpita dagli effetti benefici fuoriusciti dal misterioso e fantomatico “Buco di Mel“) si può scoprire che, ad esempio, il monicker dell’ensemble derivava dal nome di un pedale di distorsione per chitarra, o che il vero momento di svolta musicale nella vita dei fratelli Conner è stata quando, da adolescenti, hanno posato la puntina del giradischi sul vinile di “Kick out the Jams” degli MC5, disco che ha fatto scattare dentro di loro la proverbiale “scintilla”.
O, ancora, che Mark Lanegan, prima di lasciarci, aveva avuto un proficuo scambio di e-mail con Gary Lee Conner (riportato nella sezione “Bonus Track“) nel quale Mark si era chiarito col suo amico ed ex compagno di band e si era scusato per alcune ingenerose affermazioni contenute nella sua autobiografia “Sing backwards and weep“, riguardo l’esperienza quindicennale di Dark Mark con i Trees. Azzeccata, a nostro avviso, la scelta di riportare, alla fine di ogni capitolo, la traduzione in italiano di una canzone del gruppo, e sono esaustivi anche la timeline, l’elenco dei concerti europei (con tanto di intervista a Lanegan risalente al tour di “Buzz Factory” e approfondimenti sui live shows italiani, l’ultimo dei quali si tenne a Milano nel 1993, e i ricordi di giornalisti e promoter che hanno visto i quattro di Ellensburg in azione dal vivo) e il resoconto delle carriere dei vari membri al di fuori della band madre, con accurate mini-recensioni dei dischi extra Trees, curiosità (tra cui Gary Lee Conner che commenta, in modo sincero e spietato, i videoclip della band, riguardandoli a distanza di decenni, e tre membri del combo che nel 1989 hanno recitato in un b-movie sci-fi horror underground) discografia e videografia complete, e il giusto spazio dedicato, naturalmente, alla poesia e alla figura dell’ex frontman Mark Lanegan.
Veleno Sottile - Davide Pansolin - Veleno Sottile
Un libro di cui si sentiva il bisogno? Decisamente sì, e “Veleno sottile” va a colmare una lacuna bibliografica riguardo a una band importante per la storia dell’alt. rock americano e mondiale, di cui spesso sono state sottovalutate l’importanza e il peso specifico, a livello di infuenze e ispirazioni musicali, e a volte capita che ai perdenti, ai “figli di un dio minore” venga riservato un miglior trattamento di riconoscenza e rispetto quando essi non ci sono più, e altri, gli eredi, hanno saputo raccogliere ciò che gli antecessori avevano seminato tra underground e overground. Consigliato a tutti coloro che vorrebbero approfondire la (documentatissima e dettagliata dall’autore) storia degli Screaming Trees, ma anche ai neofiti incuriositi (e speriamo ne siano tanti) dal passato di Mark Lanegan.
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