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Recensione : Cesare Malfatti – Una Città Esposta

Dispiace dirlo, ma ci troviamo di fronte a un disco che rischia troppo spesso di risultare incolore

Cesare Malfatti – Una Città Esposta

Cesare Malfatti, musicista milanese con un passato decisamente importante (ha fatto parte degli Afterhours, La Crus e Amor Fou), ritorna con Una Città Esposta, album solista che, oltre a essere nato in collaborazione con ExpoinCittà, prende spunto dall’iniziativa Milano A Place To Be, contenitore che raccoglie tutti gli eventi culturali milanesi durante i sei mesi di durata dell’Expo. I tredici brani del disco, infatti, dedicati ognuno ad una icona milanese (sei identificate da Alessandro Cremonesi per i sei mesi di ExpoinCittà; altre sette individuate da Cesare Malfatti stesso), raccontano, attraverso le parole di differenti musicisti (tra cui Francesco Bianconi, Paolo Benvegnù, Luca Morino) la città natia dell’autore.

L’arpeggio de Il Quarto Stato, incalzato dalla doppia velocità della batteria, cresce e abbraccia, raccontando, allo stesso tempo, del famoso quadro e del timore di chi comanda nei confronti del popolo che avanza, mentre la storia di Mozart (Il Figlio), partendo dallo spunto che a Milano esiste una targa in suo onore (nonostante fosse solo un impiegato comunale), procede sulle note di rhodes, prima di cedere il passo al ritmico evolvere di M Il Carattere Di Noorda (incentrata sulla figura del designer Bob Noorda).
Il fascino romantico della pulsante Il Bacio, tra lievi percussioni, chitarre e atmosfere lievemente rarefatte, invece, lascia che a seguire siano il liquido scorrere della coinvolgente Concetto Spaziale (dedicata a Lucio Fontana) e il piglio più ruvido e deciso della ruspante L’Ultima Cena.
Il rallentare de La Pietà, in settima posizione, apre allo schioccare di dita della pacata e timida Il Teatro Continuo, contrapponendosi allo spigliato muoversi (fra tempi dispari) di Ho Chi Minh e all’animo coinvolgente della crescente Cascina Campazzo (dedicata alla cascina più vicina e ancora attiva a Milano, circondata dai palazzi).
L.O.V.E., infine, costruita su sonorità funky, si scaglia contro i simboli della finanza (come fa il monumento di Cattelan di fronte alla Borsa di Milano), cedendo il compito di chiudere alle anime di cui parla El Tombon De San Marc (in un finale lievemente dissonante) e al delicato accarezzare di chitarra, accompagnato da pochi altri strumenti, de Lo Sposalizio Della Vergine.

Il nuovo capitolo discografico di Cesare Malfatti, forse un po’ troppo ambizioso, non riesce a conquistare l’ascoltatore come ci si aspetterebbe. La scelta di dedicare ogni canzone ad un differente simbolo di Milano, infatti, risulta, a tratti, forzata e prolissa (ai simboli di Expoincittà se ne aggiungo ben altri sette), mentre la componente strumentale, seppur curata e solida, non riesce mai a conquistare effettivamente. Insomma, l’impressione è che il tutto sia piuttosto forzato e non completamente a fuoco. Dispiace dirlo, ma ci troviamo di fronte a un disco che rischia troppo spesso di risultare incolore.

Tracklist:
01. Il Quarto Stato
02. Mozart (Il Figlio)
03. M Il Carattere Di Noorda
04. Il Bacio
05. Concetto Spaziale
06. L’Ultima Cena
07. La Pietà
08. Il Teatro Continuo
09. Ho Chi Minh
10. Cascina Campazzo
11. L.O.V.E.
12. El Tombon De San Marc
13. Lo Sposalizio Della Vergine

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