Da quanto giuntoci dalle lontane lande nord-americane poco si riesce ad intuire sull’identità di chi si celi dietro questa strana e misteriosa ragione sociale. Apparentemente si è portati a pensare che si tratti di una dillettantistica accozzaglia di simpatici e disarticolati musicisti,dall’indole indubbiamente genialoide.Accennavo all’apparenza in quanto Bob Urh e i “suoi” sono in realtà ricchi di idee e creatività ;appaiono certamente disordinati e scordati ,ma non sono assolutamente privi di una forma di romanticità tutta loro che ,a tratti, rasenta addirittura il lirismo.Scorrrendo i loro brani ho potuto ascoltare tracce dei Deviants nella straniante e stralunata “The sky is cryng” ,dei Dream syndicate in “Bad world revisited” arricchita da un’ armonica davvero inicisiva, del country piu’ alcolico e sconbussolato in “Gypsy Davey”,per chiudere con un richiamo al sound “desertico” che fu per anni il marchio di fabbrica dei grandissimi Thin white rope in “Pretending”.In definitiva spero con queste mie righe di aver fatto trasparire l’intrinseca bellezza di questo “The hoo doo garage demo”, un album che aiuta a capire,se mai ce ne fosse ancora bisogno,che per far provare emozioni facendo musica,non sono necessariamente inidispensabili una grande tecnica o una produzione faraonica, ma bastino la giusta attitudine e una buona dose di sana sfrontatezza.