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Recensione : Blackhour – Sins Remain

Il 2016 inizia come meglio non potrebbe per la Transcending Obscurity, label asiatica mai avara nel proporci ottime realtà metalliche provenienti da quei lontani paesi.

Il 2016 inizia come meglio non potrebbe per la Transcending Obscurity, label asiatica mai avara nel proporci ottime realtà metalliche provenienti da quei lontani paesi.

Già ascoltati sulla compilation che la label ha messo a disposizione dei fans , per questo Natale appena trascorso, arriva il secondo lavoro dei Blackhour, band giunta a noi dal Pakistan che propone il suo prorompente sound, figlio della vergine di ferro ma con più di un piede nel moderno hard & heavy.
Nato ad Islamabad, quasi una decina di anni fa, il quintetto pakistano ha debuttato con il primo full length nel 2011 (Age of War), quindi sono passati cinque anni prima di tornare sul mercato e far esplodere questo ottimo Sins Remains.
Come ormai ci hanno piacevolmente abituato le realtà proposte dall’etichetta, anche i Blackhour si distinguono per la bravura strumentale, unita a soluzioni fuori dalle mode occidentali, così che l’album, oltre ad essere suonato e cantato molto bene ( bellissima e personale la voce del singer Tayyab Rehman), vive di vita propria, per nulla vintage, anche se l’influenza maideniana è ben presente, così come qualche impennata estrema di estrazione scandinava ed un leggero tocco alternativo che rende il tutto molto personale.
Gran lavoro delle due asce (Mubbashir Sheikh Mashoo e Hashim Mehmood) che passano con disinvoltura da crescendo maideniani (Wind of Change) a ritmiche che si irrobustiscono, sfornando estremi riff dal mood death, oscuro e drammatico (Life Brings Death, Love Brings Misery) aiutati da una sezione ritmica compatta (Salman Afzal al basso e Daim Mehmood alle pelli).
Ne esce un dischetto davvero piacevole, con brani (cinque) che a tratti esaltano ( Battle Cry ), non avendo paura di confrontarsi con le proprie influenze, calando il jolly Rehman, bravissimo ad alternare toni da vero singer metallico, e ruggiti dove i suoi compari tirano fuori le unghie e graffiano con potenti zampate.
La title track conclude il lavoro con un classico brano maideniano, una ballad che con il passare dei minuti si trasforma in un crescendo metallico, stracolma di riff di scuola Smith/Murray molto suggestiva e dal piglio epico.
Ottimo lavoro dunque, ed altra band da seguire nel panorama metallico, ulteriore conferma dell’enorme potenzialità della scena asiatica.

TRACKLIST
1. Losing Life
2. Wind of Change
3. Life Brings Death, Love Brings Misery
4. Battle Cry
5. Sins Remain

LINE-UP
Salman Afzal – Bass
Daim Mehmood – Drums
Mubbashir Sheikh Mashoo – Guitars
Hashim Mehmood – Guitars
Tayyab Rehman – Vocals

BLACKHOUR – Facebook

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