Il 25 aprile è una data importante per la storia italiana: rappresenta e simboleggia la vittoria dell’ideale di libertà contro qualsiasi forma di oppressione. Il 25 aprile 1945, infatti, il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, di cui faceva parte anche Sandro Pertini, assunse ufficialmente il potere in qualità di delegato del governo italiano. In quella data, divenuta storica per la fondamentale importanza degli eventi di cui fu scenario, i partigiani italiani e tutti i ribelli proclamarono l’insurrezione contro tutti i presidi nazisti e fascisti in Italia. Questi ultimi furono obbligati alla resa e, tre giorni dopo, Benito Mussolini fu giustiziato, come molti dei fascisti colpevoli, come lui, di atroci delitti.
L’importanza incredibile che questa data ha per la storia italiana si percepisce ancora, tutt’oggi, ogni 25 aprile. La Liberazione dal regime fascista e da ciò che rappresentava (oppressione, vessazione, abusi e la totale mancanza di possibilità d’espressione) è un momento storico fondamentale. Il movimento partigiano, e tutti coloro che ne presero parte e che credevano nella libertà, lottò per anni contro l’oppressore, l’invasore, inteso come invasore dei diritti imprescindibili di ogni uomo.
Ogni 25 aprile si festeggia la Liberazione e torna in mente, sempre, a molti, la canzone che fu simbolo e forza della Resistenza italiana: Bella ciao.
Ma da dove nasce questa canzone? Chi ne è l’autore? E cosa rappresenta?
Per anni ci siamo abituati a sentirne le note, ripeterne la melodia, cantarne le parole: ma chi può dire di conoscere davvero la storia della sua nascita, delle sue derivazioni, interpretazioni, e della sua fortuna internazionale?
Carlo Pestelli scrive un piccolo saggio in cui cerca di seguire il filo che porta alla verità riguardo queste domande. Dopo una serie di letture, ascolti e interviste, Pestelli pubblica il libro Bella ciao – la canzone della libertà (per Add Editore), in cui racconta e spiega tutto l’universo (ai più sconosciuto) celato dietro una delle canzoni popolari più famose della storia del mondo.
Essendo Bella ciao un canto popolare, non se ne riesce a scovare il vero e proprio autore: la storia di questo canto è ben più antica dell’era partigiana, affonda le sue radici storiche ben oltre quei tremendi anni caratterizzati dalla lotta contro l’oppressione nazista e fascista che stava schiacciando tutta l’Europa. “Nella lotta contro l’invasore mi è sempre sembrato che la Resistenza, per quanto composita, formasse un corpo unico. Tornata la pace, il grande corpo ha restituito ciascuno di noi al suo mucchietto di cellule personali e quindi di contraddizioni.” (Daniel Pennac, Storia di un corpo)
La radice e il fulcro di questo canto, il suo stesso senso, il suo essere, affondano in un messaggio chiarissimo e sempre attuale: è una dichiarazione netta di libertà, è un autoproclamazione di libertà in una comunità libera. “Con Bella ciao siamo rivoluzionari non con la durezza delle armi, ma con i colori della poesia”, scrive Pestelli in questo saggio.
È questo il senso profondo di Bella ciao, un senso che non è mai mutato nel corso del tempo e delle diverse interpretazioni che si sono susseguite: il desiderio di libertà.
Molteplici sono le teorie riguardo il suo autore e la sua genesi. “La memoria”, ammoniva Primo Levi, “è uno strumento meraviglioso ma fallace. I ricordi che giacciono in noi non sono incisi sulla pietra; non solo tendono a cancellarsi con gli anni, ma spesso si modificano, o addirittura si accrescono, incorporando lineamenti estranei”.
Ciò che è certo, nonostante tutto, è che questo canto era già diffuso negli anni Venti, negli anni successivi alla Prima Guerra Mondiale. Erano le mondine, le operaie che lavoravano nelle risaie, a cantare questa canzone, seppur con parole differenti. Ma il messaggio è il medesimo: l’anelito irrefrenabile verso la libertà e il desiderio di eternità espresso dal fiore, custode della vita e della memoria dei guerrieri che lottarono per la libertà.
Bella ciao è la canzone simbolo della lotta non solo in Italia, ma in moltissimi altri paesi. È stata, infatti, tradotta e cantata in almeno quaranta idiomi diversi: francese, spagnolo, inglese, slavo, arabo, tagalog, cinese, filippino, giapponese, latino, esperanto, curdo, basco, turco, friulano, galiziano, bretone. “Ho sempre pensato che la capacità di un canto di suscitare adesione, emozione e coinvolgimento sia la prova provata dell’universalità della condizione umana al di là di confini, nazioni, sistemi di governo e persino delle differenze culturali e delle lingue che pure rappresentano l’espressione della bellezza e del genio molteplice di una comune appartenenza antropologica e di un solo destino: il destino condiviso della passione per il valore della libertà”, scrive Moni Ovadia nell’introduzione a questo splendido libro.
Bella ciao è stata anche la canzone che ha accompagnato le lacrime e la commozione di migliaia di persone, non solo durante gli anni della Resistenza. Essa, infatti, è stata cantata anche durante illustri funerali: in primis, il funerale di Enrico Berlinguer, il 13 giugno 1984; e ancora, al funerale di Jovanka Broz, la vedova di Tito, il 25 ottobre 2013; nel gennaio 2015, per i funerali delle vittime della famosa strage di Charlie Hebdo; e ancora, al funerale di Enzo Biagi nel 2007 (si diffuse, dopo la sua morte, la voce che fosse stato Biagi a scrivere il testo di Bella ciao). Biagi ricordava così la sua esperienza da partigiano: “Ho raccontato più volte che il periodo della mia vita di cui vado fiero non è stato quando facevo il direttore e neanche quando mi premiavano per il mio lavoro, ma sono stati i quattordici mesi in cui ho fatto il partigiano”.
Moltissimi artisti hanno cantato questa canzone, caratterizzandola con la propria voce e musicalità: i Modena City Ramblers con il loro combat-folk; Yves Montand, primo francese a incidere Bella ciao; Goran Bregovic e la sua interpretazione dalle note balcaniche e i vigorosi ottoni; i Chumbawamba e il loro punk rock inglese; Manu Chao con le sue sonorità elettro-etniche; Gino Paoli la cantò insieme a Don Andrea Gallo, in chiesa, per festeggiare il quarantesimo anniversario della fondazione della comunità di San benedetto al Porto.
Bella ciao, con la sua storia, il suo significato e il suo richiamo alla libertà è un canto popolare che non potremo mai e poi mai dimenticare. Ci accompagnerà per tutta la vita e sopravvivrà alla nostra morte, come a quella delle genti che l’hanno cantata con passione prima di noi.
«Bella ciao è un piccolo bene immateriale che agisce sulla coscienza come qualcosa che arriva da lontano, quasi a segnare il confine tra il buio della guerra e una nuova primavera dei popoli: un’elegia del presente che è anche, e sempre, una conquista esistenziale e una continua rinascita della storia della libertà».
Il saggio di Pestelli ci regala una magnifica fotografia di un’Italia a cavallo di due guerre, che intona una canzone molto significativa e che ne condivide gli ideali. Un bellissimo libro per scoprire e riscoprire un pezzo della nostra identità.
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