iye-logo-light-1-250x250
Webzine dal 1999
Cerca
Close this search box.

Recensione : Novembers Doom – Bled White

In quest’occasione i Novembers Doom ritrovano in toto lo smalto del passato e ci regalano quasi settanta minuti di assoluto livello.

Novembers Doom – Bled White

Ho sempre avuto una particolare predilezione per i Novembers Doom: un po’ per il monicker contenente il nome del genere che più amo, un po’ per l’originalità del loro death, che con il passare del tempo del doom ha mantenuto soprattutto l’attitudine malinconica, ma soprattutto perchè Paul Kuhr è, da sempre, per mio gusto personale, uno dei migliori vocalist in ambito estremo.

Facciamo un passo indietro di qualche anno, per la precisione al video di “Autumn Reflection” nel quale quell’omone dai modi gentili interpretava uno dei brani più intensi e poetici che siano mai stati scritti; oggi Paul, rispetto ai quei tempi, è letteralmente “dimezzato”, nel senso che si è sottoposto ad una drastica dieta che solo una persona dotata di immensa forza volontà avrebbe potuto portare a termine.
Con tutto ciò il vocalist di Chicago non ha perso, invece, neppure un’oncia delle proprie doti vocali, che siano esse esibite tramite un potente e sempre intelligibile growl oppure con quel timbro pulito che gli consente di valorizzare con rara efficacia i momenti più intimisti e malinconici dei brani.
Bled White è il nono album nell’ambito di una storia ormai ultraventennale che ha raggiunto, probabilmente, il suo picco più elevato un occasione dello splendido “A Pale Haunt Departure” del 2005 ma, da quel momento in poi, dopo il valido “A Novella Reservoir”, sono arrivate due prestazioni oggettivamente più opache come “Into Night’s Requiem Infernal” e “Aphotic”; in quest’occasione i Novembers Doom ritrovano in toto lo smalto del passato e ci regalano quasi settanta minuti di assoluto livello, che fotografano alla perfezione l’attuale sound di una band che potrà piacere o meno, ma che di certo si rivela sempre riconoscibile dopo poche note, peculiarità questa, ravvisabile in misura piuttosto rara.
Il death dai caratteristici sbocchi melodici della title-track e di Heartfelt, apre nel migliore dei modi un lavoro che ci consegna poco dopo la prima perla, Just Breathe, traccia che alterna umori acustici ad un chorus dall’enorme impatto evocativo.
Non da meno, in questo senso, si dimostrano sia The Memory Room sia, soprattutto, la meravigliosa Clear, canzone che mette in mostra il lavoro di squadra di una band che sarebbe riduttivo identificare con il proprio leader, per quanto possa apparire lecito essendo Paul, fin dagli esordi, l’anima ed il vero motore dei Novembers Doom.
Bella quanto particolare per gli standard consueti della band anche la conclusiva The Silent Dark, tra parti acustiche minimali, ariose aperture melodiche in crescendo ed uno splendido finale affidato alla chitarra solista.
Forse Bled White è un lavoro un po’ troppo lungo superando abbondantemente, come detto, l’ora di durata: nulla che possa inficiare l’esito dell’album per chi già apprezzava i Novembers Doom, ma sicuramente un elemento che ne mette a rischio la fruizione per chi si avvicinasse solo oggi alla band dell’Illinois; in ogni caso una conferma importante per un nome che, probabilmente, non finirà mai sotto la luce dei riflettori ma che continuerà a costituire una garanzia assoluta per chi ama sonorità granitiche associate a momenti melodici e sognanti come quelli contenuti in quest’album.

Tracklist:
1. Bled White
2. Heartfelt
3. Just Breathe
4. Scorpius
5. Unrest
6. The Memory Room
7. The Brave Pawn
8. Clear
9. The Grand Circle
10. Animus
11. The Silent Dark

Line-up:
Mike Feldman – Bass
Vito Marchese – Guitars
Larry Roberts – Guitars
Paul Kuhr – Vocals
Garry Naples – Drums

NOVEMBERS DOOM – Facebook

Get The Latest Updates

Subscribe To Our Weekly Newsletter

No spam, notifications only about new products, updates.
No Comments

Post A Comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

POTREBBE INTERESSARTI ANCHE

My Dying Bride – A Mortal Binding

A Mortal Binding è un lavoro tutt’altro che scontato e superfluo e testimonia quanto una band come i My Dying Bride che, piaccia o meno, ha fatto la storia, abbia tutto il diritto di continuare a riproporre con grande dignità, competenza e coerenza quel sound peculiare che, parafrasando la copertina di un noto periodico italiano, “vanta innumerevoli tentativi di imitazione”.

Eventide – Waterline

Gli Eventide offrono una versione dell’ambient drone intrisa da corpose sfumature jazz e sempre in grado di attrarre l’attenzione rifuggendo ogni stucchevolezza.

Faal – Fin

Fin merita d’essere ascoltato e apprezzato quale prova delle capacità di una band la cui fine lascia più di un rimpianto, non solo per l’irreparabile perdita umana ma anche perché, per il potenziale espresso, avrebbe meritato maggiore attenzione rispetto a quella ottenuta lungo una quindicina d’anni di attività.

Hamferð – Men Guðs hond er sterk

Il sound della band di Tórshavn è talmente peculiare da sfuggire ad ogni tentativo di sommaria classificazione: il tutto avviene senza il ricorso a chissà quali soluzioni cervellotiche in quanto gli Hamferð mettono il loro smisurato talento al servizio di un lirismo che, oggi, è appannaggio solo di pochi eletti.