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Recensione : Wormfood – L’envers

Anche se l'ombra dei Type O Negative aleggia in maniera percepibile, se c’è un qualcosa che non fa difetto ai Wormfood è proprio la personalità, che è ben delineata dalla prima all’ultima nota di un lavoro che va in crescendo dopo ogni ascolto.

Wormfood – L’envers

I francesi Wormfood agitano la scena musicale del loro paese fin all’inizio del millennio è hanno già all’attivo cinque album sulla lunga distanza, incluso quest’ultimo parto intitolato L’Envers.

Nati con basi estreme, come molte altre realtà transalpine si sono poi evoluti lentamente verso forme avanguardiste ma, rispetto ad altri, i Wormfood riescono a focalizzare meglio le loro pulsioni innovative senza mostrarsi mai troppo cervellotici.
Questo avviene anche grazie ad una particolare assonanze sonora ai grandi Type O Negative: tale vicinanza alla storica band statunitense non deriva soltanto dal il tono di voce profondo che il leader Emmanuel Lévy ha in comune con il compianto Peter Steele, ma anche per un sound che si sposta sovente verso quella particolare forma di gothic doom capace di ammantare i brani di un’oscurità soffusa ed inquieta.
Del resto, la presenza in qualità di ospite di Paul Bento, già sodale di Steele ai tempi dei Carnivore e capace di valorizzare con il suo sitar un capolavoro come Bloody Kisses e non solo, fornisce una sorta di imprimatur alla band francese in qualità di degna e credibile portatrice del verbo dei TON.
Infine, ad accomunare ulteriormente le due band c’è anche la presenza di un leader dalla personalità geniale quanto tormentata, al netto delle differenze costituite dal differente background culturale: un aspetto questo, che nei Wormfood caratterizza in maniera decisiva il sound, enfatizzandone la teatralità attraverso l’interpretazione istrionica di Lévy .
Un teatro che, alla fine, è il tema conduttore dell’album, anche se qui si parla di una rappresentazione artistica macabra e grottesca, in ossequio all’umore sardonico che alleggia sull’intero lavoro: tutto ciò che ne scaturisce potrebbe anche risultare indigesto a chi non apprezza più di tanto né tali sfumature né, soprattutto, l’idioma francese che, d’altronde, è assolutamente funzionale alla resa finale costituendo, nel contempo, un fondamentale fattore distintivo
In L’Envers si susseguono brani di ottimo livello: al netto della lunga introduzione recitata, si procede in maniera sempre efficace tra sonorità avanguardiste e magnifiche aperture melodiche nelle quali, spesso, sono le tastiere a tenere banco assieme, ovviamente, all’eclettica e profonda vocalità di Lévy .
Il riferimento alla band newyorchese diviene esplicito in quello che pare quasi un esperimento medianico, ovvero l’unico brano cantato in inglese, Gone On The Hoist (G.O.T.H.), nel quale Steele viene riportato letteralmente in vita dal singer francese, con il contributo decisivo del sitar di Bento e dell’hammond “silveriano” suonato produttore dell’album Axel Wursthorn.
Mi redo conto che questi costanti riferimenti potrebbero far pensare di primo acchito ad un derivativo lavoro di scopiazzatura, ma vorrei spazzare il possibile equivoco in maniera netta: se c’è un qualcosa che non fa difetto ai Wormfood è proprio la personalità, che è ben delineata dalla prima all’ultima nota di un lavoro che va, peraltro, in crescendo dopo ogni ascolto, riservando nel finale le cose migliori benché la sua prima parte sia già notevole.
Gehenna, per esempio, è una canzone formidabile, ricca di enfasi drammatica e di repentine aperture melodiche, ovvero il tratto comune di un intero disco da godersi sedendosi in poltrona ed immaginando di trovarsi al cospetto di un palcoscenico sul quale attori inusuali esibiscono la loro arte putrida e perversa.
L’Envers è l’ennesima prova della vitalità di una scena francese fatta di band che prediligono muoversi in maniera obliqua rispetto ai vari generi, e l’atavica rivalità che ci contrappone da sempre ai vicini d’oltralpe non deve mai farci perdere di vista la necessaria obiettività nel giudicarne l’operato, specie in un campo come quello artistico in cui il tifo o lo sciovinismo non hanno alcuna ragion d’essere.

Tracklist:
1. Prologue
2. Serviteur du Roi
3. Ordre de Mobilisation Générale
4. Mangevers
5. Gone On The Hoist (G.O.T.H.)
6. Collectionneur de Poupées
7. Géhenne
8. Poisonne

Line-up:
Emmanuel Lévy : Vocals, guitars, lyrics
Renaud Fauconnier : Guitars
Pierre Le Pape : Keyboards
Vincent Liard : Bass
Thomas Jacquelin : Drums

Guests:
Paul Bento – Sitar on Gone On The Hoist (G.O.T.H.)
Axel Wursthorn – Hammond on Gone On The Hoist (G.O.T.H.)

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