iye-logo-light-1-250x250
Webzine dal 1999
Cerca
Close this search box.

Recensione : Vanhelgd – Temple Of Phobos

Temple Of Phobos non mancherà di affascinare gli amanti dei suoni oscuri e dalle tematiche occulte ed horror

Vanhelgd – Temple Of Phobos

Scivolando lentamente sul letto di acque scure ci avviciniamo al tempio di Phobos, dove ad aspettarci, sinistri e crudeli ci sono i Vanhelgd, dal 2007 sacerdoti malvagi di litanie metalliche estreme tra doom metal, black e old school death.

Tre full length alle spalle, una discografia che ha dato in pasto ai cultori del metallo più oscuro un disco ogni tre anni circa, partendo da Cult Of Lazarus fino a quest’ultimo lavoro, e con in mezzo Church of Death del 2011, Relics of Sulphur Salvation del 2014, ed un unico ep uscito nel 2010 dal titolo Praise the Serpent.
Accompagnato da una bellissima copertina raffigurante un “Caronte” che si avvicina al tempio, in classico stile doom, Temple Of Phobos non mancherà di affascinare gli amanti dei suoni oscuri e dalle tematiche occulte ed horror, grazie soprattutto ad un songwriting vario e a tratti entusiasmante per quel modo di coniugare i generi citati con grande maestria, creando così un’opera dai tratti nerissimi ma dalle sfumature cangianti.
La pesantezza del doom metal, dai riff che ricordano non poco i Paradise Lost dei primi bellissimi lavori (Gravens lovsång sembra uscita dalle sessions di Gothic), lasciano spazio a sferzate dai rimandi black e mid tempo ispirati dallo swedish death metal di primi anni novanta in un’escalation di emozioni intense, spesse come l’acqua nera come la pece del fiume che porta al sacro tempio di Phobos, mentre tra la boscaglia occhi di fuoco seguono il percorso di questo liquido letto di morte.
Enorme il lavoro delle due asce ispiratissime in tutte le loro cangianti sfumature e che come demoni, a turno, si impossessano di Mattias “Flesh” Frisk e Jimmy Johansson, coppia che non manca di imprimere il loro marchi anche dietro al microfono.
La sezione ritmica (Jonas Albrektsson al basso e Björn Andersson alle pelii) non può che assecondare il mood dell’album con cambi di tempo da una song all’altra, che mantengono un livello alto anche se la parte doom/death è quella che imprime un salto di qualità importante a tutto Temple Of Phobos.
Il death/black dell’opener Lamentation of the Mortals, la già citata e stupenda Gravens lovsång e la conclusiva Allt hopp är förbi sono i picchi qualitativi di un album bello, inquietante e che non può mancare nella discografia di chi ama questi generi e le opere dei primi anni novanta.
Inoltratevi nella foresta (l’inquietante barcaiolo vi sta già aspettando) e andate alla ricerca del tempio di Phobos, non ve ne pentirete.

TRACKLIST
1. Lamentation of the Mortals
2. Rebellion of the Iniquitous
3. Den klentrognes klagan
4. Temple of Phobos
5. Gravens lovsång
6. Rejoice in Apathy
7. Allt hopp är förbi

LINE-UP
Björn Andersson – Drums
Mattias “Flesh” Frisk – Guitars, Vocals
Jimmy Johansson – Guitars, Vocals
Jonas Albrektsson – Bass

VANHELGD – Facebook

Get The Latest Updates

Subscribe To Our Weekly Newsletter

No spam, notifications only about new products, updates.
No Comments

Post A Comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

POTREBBE INTERESSARTI ANCHE

Kensington – Control

La band capitanata da Casper Starreveld ha creato un album che ha il destino già scritto prima di arrivare all’orecchio dei fans, una raccolta di canzoni pregna di atmosfere melanconicamente melodiche, con più di un riferimento al rock alternativo degli ultimi vent’anni, molto britannico concettualmente, ma assolutamente già sentito sui canali e radio specializzate in musica e cultura indie.

The Pier – The Pier

Per gli amanti del genere un album da ascoltare a più riprese, ed una band da seguire visto l’enorme potenziale artistico.

Somnium Nox – Apocrypha

Con coraggio e personalità i due musicisti australiani incorporano in un’unica opera quella che è stata l’evoluzione del genere dagli ormai lontani primi anni novanta