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Recensione : Pristine – Reboot

Il rock è vivo e vegeto, si rigenera per mezzo dei suoi figli e voi non avete scuse

Pristine – Reboot

Non credo che nelle fredde lande scandinave vi siano crocicchi ove si possa vendere l’anima al diavolo, così da suonare la sua musica con magico talento, eppure all’ascolto di questo lavoro, rimane il dubbio che i Pristine qualcuno abbiano incontrato, tra le strade ricoperte di ghiaccio del loro paese, la Norvegia.

Terzo lavoro per il gruppo di Oslo, dopo l’esordio del 2011 Detoxing, ed il seguente No Regret di tre anni fa, mentre la band è pronta per la calata nella nostra penisola in questo periodo, a supporto degli svedesi Blues Pills.
Capitanati dalla notevole singer Heidi Solheim, una via di mezzo tra Patty Smith, PJ Harvey e Bjork, i Pristine fanno il botto, con questo straordinario Reboot, un concentrato di rock blues ad alta gradazione emozionale, colmo di psichedelia e rock’n’roll, uno sguardo attento sul sound americano, un viaggio nei meandri più sanguigni della musica del diavolo.
Reboot è composto da un lotto di brani uno diverso dall’altro, uno più emozionante dell’altro, con il blues che spadroneggia, lasciando però spazio a momenti di psichedelia lisergica in un trionfale tributo agli anni settanta e agli dei dell’hard rock.
Il nostro viaggio tra le fiamme, nella casa di satanasso, inizia con il blues energico dell’opener Derek, i Bad Company sono lì, a farci l’occhiolino, mentre senza voltarci saliamo sul dirigibile zeppeliniano con All My Love.
All I Want Is You è il primo tuffo nella psichedelia, un blues drammatico ricamato da una chitarra pinkfloydiana e da un hammond dai colori porpora, che ritroveremo nel capolavoro The Middlemen, ma prima c’è da muovere le natiche con il rock’n’roll di Bootie Call seguito dal blues messianico della title track.
The Middlemen, il capolavoro di questo album, canzone lisergica ed emozionale, valorizzata da una prova sontuosa della vocalist e dell’axeman Espen Elverum Jakobsen, porta il gruppo norvegese molto vicino all’olimpo dove riseidono i grandi; con l’inno California, la song più moderna e hard rock dell’intero lavoro, il sole brucia l’asfalto e siamo lontani dal freddo norvegese, con la temperatura che sale con il blues tragico (cantato dalla Solheim con un trasporto tale da sconvolgere) di Don’t Save My Soul.
The Lemon Waltz chiude il lavoro, una ballad rock blues che ricorda nei suoi accordi e armonie i Beatles di Sgt.Peppers, chiudendo un cerchio iniziato con i Bad Company, i Led Zeppelin, i Pink Floyd e l’america sudista raccontata dai The Allman Brothers Band e Grand Funk Railroad.
Reboot è un album superbo, un esempio di come nel 2016 si può suonare rock ad altissimi livelli, prendendo ispirazione dalle proprie influenze ma senza risultare patetici come molti dinosauri inchiodati al proprio portafoglio.
Il rock è vivo e vegeto, si rigenera per mezzo dei suoi figli e voi non avete scuse, fatelo vostro.

TRACKLIST
1.DEREK
2.ALL OF MY LOVE
3.ALL I WANT IS YOU
4.BOOTIE CALL
5.REBOOT
6.THE MIDDLEMEN
7.CALIFORNIA
8.LOUIS LANE
9.DON’T SAVE MY SOUL
10.THE LEMON WALTZ

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1 Comment
  • Avatar
    Daniele
    Posted at 10:13h, 07 Aprile Rispondi

    Splendida recensione per uno splendido album. Su può condividere sulla pagine ufficiale dei Pristine?

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