Petar Dundov ha un grande talento. Nulla di nuovo, i più esperti diranno. Anche perchè l’ormai veterano dj e producer si è costruito da tempo una solida reputazione sulla scena internazionale, con la sua particolare visione della techno, ampia e spaziosa, melodica e complessa, multiforme e avvolgente. Oltre però al suo estro nella composizione di set inconfondibili e ambiziosi, il croato ha mostrato nei suoi LP la capacità e il desiderio di spingersi ancora oltre, di spaziare ancora di più in una dimensione della musica elettronica e techno ancora più svincolata dalle logiche e dalle richieste del dancefloor.
Con la volontà di sperimentare, affinare ancora di più questa sua particolare sensibilità e creare musica che espanda ulteriormente gli orizzonti e le concezioni della musica elettronica, Dundov giunge ora al terzo LP, Sailing Off The Grid, uscito per la fidata etichetta belga Music Man.
Dopo i due full-length “Escapements” e “Ideas From The Pond”, in questa nuova prova il croato si propone di cesellare con ancor più precisione i suoni e creare un lavoro compatto ed emozionale, basato sui synth. “Ideas …” era un lavoro complesso, con tante cose da dire, un tono epico, narrazioni melodiche lunghe e dilatate, e Sailing Off The Grid si inserisce in stretto legame e in diretta continuazione con esso.
Con forti rimandi alla tradizione della musica ambient ed elettronica synth-based, l’album mette in mostra le conoscenze e le grandi capacità di Petar nel rapportarsi con il passato creando qualcosa che non è mai “sorpassato”, ma sempre coinvolgente e ricco.
Rimane la metafora del viaggio, salpare, verso una nuova odissea, dalle Distant Shores di “Ideas From The Pond” e le altre tappe del precedente viaggio, anche in questo secondo episodio si veleggia lontano, come titolo e copertina vogliono evidenziare, si continua a navigare.
Per quanto Dundov sia riconosciuto come maestro della techno, identificarlo in questo genere sarebbe assai riduttivo! Uno degli scopi principali di questo artista è quello di allargare le percezioni che il suo pubblico ha del genere, raccogliendo influenze differenti e plasmando un suono con un’architettura elaborata e una forte componente emozionale, atmosfere e progressioni ipnotiche. In questo senso, per quanto il background del croato sia la techno, qui ci si avvicina forse forse più alle caratteristiche della trance e della IDM (in senso lato), perciò sembrerà riduttivo ma non riesco a chiamarla musica techno, preferisco chiamarla semplicemente elettronica.
Per comprendere meglio cosa Petar vuole trasmettere, riporto una sua “dichiarazione d’intenti”, secondo cui “techno è musica che precede il movimento, è musica dance, abbastanza solida per trasferire emozioni attraverso il dancefloor, abbastanza astratta per costituire una sagoma immutabile”. Egli si interroga su quale sia l’essenza della techno, questo strano fenomeno emerso a metà ’80s nella lontana Detroit: è cercare di far emergere un’anima dalle macchine, dall’elettronica? O è un battito ciclico in 4/4 che muove i corpi nei clubs? O entrambi?
Perciò, con questi concetti in testa, si propone di unire e far risuonare in simbiosi il piano dell’ispirazione e dell’emozione con il piano fisico.
Si comincia con Enter The Vortex, già a dilatare gli spazi della narrazione, sospesi in un vortice senza tempo, dove il vecchio si mischia al nuovo in un’elettronica avvolgente e rilassante. Yesterday Is Tomorrow ha invece un battito più incalzante e ritmato, dove sembra di essere rimandati contemporaneamente all’ieri (perchè no, scomodiamo i Kraftwerk), e proiettati nel domani. La successiva Moving ci riporta invece molto più vicini alle caratteristiche del precedente e già citato album, con quell’andamento dreamy quasi prog-house. Spheres è una traccia molto lenta, dove il ritmo si annulla, scompare in sottofondo, lasciando il posto ad una narrazione puramente emozionale. Siamo ora pronti a rimetterci in viaggio, siamo nel cuore dell’album, qui arrivano i pezzi forti, due lunghissime (10 e 13 minuti, rispettivamente) e bellissime tracce, prima White Spring e poi la title-track Sailing Off The Grid. Ci avviamo verso il finale, è tempo di distendere la mente lasciandosi cullare da Sur La Mer Avec Mon Ami, in cui Petar Dundov dà l’idea di essere molto più di un producer techno, dimostrando di avere un immenso soft touch e un animo emozionale. Cradle chiude il viaggio, alla quiete dell’alba si avvista la terraferma, e dopo aver salpato per mete lontane è il momento di tornare a casa.
Senza le costrizioni e le esigenze del dancefloor, le tracce possono gradualmente espandersi, rivelare le proprie caratteristiche e trasmettere sensazioni, rosolando lentamente e a fuoco basso, per un ascolto che si deve prendere il suo tempo, di certo non indicato per frettolose playlist.
Un disco veramente pregevole.
Tracklist:
1. Enter The Vortex
2. Yesterday Is Tomorrow
3. Moving
4. Spheres
5. White Spring
6. Sailing Off The Grid
7. Sur La Mer Avec Mon Ami
8. Cradle